"Interpreto per la prima volta 'Le jeune homme et la mort' in Italia – a Firenze, al nuovo Teatro dell'Opera – e questo è un modo, per me, per rendere omaggio al suo creatore, Roland Petit. Alessandra Ferri, tornata ormai al palcoscenico da circa tre anni, affronta – in coppia con Yonah Acosta o, in altre repliche, con Denys Cherevychko - a tre anni e mezzo dalla morte di Petit, il breve, celeberrimo balletto del grande coreografo, creato nel 1946 su soggetto di Jean Cocteau e poi diventato cavallo di battaglia di innumerevoli, prestigiose stelle della danza. "Quando, circa dieci anni fa, decisi di lasciare le scene – continua Alessandra – Petit ne fu molto dispiaciuto, addolorato, anzi si arrabbiò con me e mi sgridò tantissimo".
Tornando, dopo sette anni di interruzione, alla danza, lei, in fondo, gli ha dato ragione...
Direi di sì. Però anche questa pausa è stata importante. Mi è servita a chiarirmi molte cose, anche dentro di me.
Lei non ama – a proposito di questo nuovo periodo della sua attività – sentir parlare di 'seconda carriera': per la verità, non ama in generale il termine 'carriera'.
E' vero.... Diciamo che ho voltato pagina, e ho cominciato un nuovo percorso che ancora non so neanche dove mi porterà. Sul piano artistico, la differenza sta nel fatto che adesso – a parte 'Le jeune homme et la mort' - faccio solo ruoli creati per me, come nel recente 'Cheri' da Colette, e per me, l’Alessandra di oggi: una donna-artista di cinquant'anni, che ha una storia e un vissuto importanti alle spalle e dentro di sé.
La danza, secondo lei, non ha età?
Non è questo il punto: però io sono soddisfatta di rendere felici, con il mio essere in piena attività ancora adesso, tutte le ballerine di quaranta-cinquant'anni. Deve essere sfatato il pregiudizio, diffuso negli ultimi decenni, che le danzatrici devono avere tutte 25 anni, per essere capaci di grandi salti e acrobazie, di eccezionali virtuosismi tecnici, probabilmente belli da vedere, ma che non hanno nulla in comune con la vera essenza dell'arte e dell'espressività della danza.
In effetti, con l'abito giallo e la parrucca nera del personaggio sensuale e gelido, sprezzante e fatale della Morte che chiama ad un abbraccio letale un giovane pittore nella sua soffitta, Alessandra Ferri si muove con grande carisma e rigoroso fascino nei territori di una danza che non ha più nulla di acrobatico nè di virtuosistico, ma che è intensità espressiva nuda e profonda, raffinatezza interpretativa, classe ed emozione trattenuta e vigorosa insieme. Lo stesso Cocteau, peraltro, sosteneva che 'Le jeune homme et la mort' era una pantomima, anche se dilatava il suo linguaggio fino a diventare un balletto.
Un trionfo annunciato le repliche – l'ultima sarà il 10 marzo – dello spettacolo nel nuovo teatro fiorentino, dove la Ferri fu già tra i protagonisti, a maggio, dell'Opening Gala dello spazio che ha sostituito il vecchio Comunale. La Passacaglia di Bach che fa da colonna sonora a “Le jueune homme et la mort” è eseguita all’organo da Andrea Severi. La serata è completata da un allestimento di Marina Bianchi dell'opera "Dido and Aeneas" di Purcell, diretta da Stefano Montanari (ottima l'esecuzione musicale, più discutibile la messa in scena).
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