In occasione della
Giornata Mondiale dei vegani, domani 1 novembre, il WWF ricorda che la scienza
è ormai concorde nel dimostrare come, riducendo drasticamente o completamente il consumo di proteine animali dalla dieta (sia
carne, sia derivati), si possa effettivamente guadagnare in salute e con la sua
campagna Our
Future, sottolinea anche che la salute umana non può prescindere da quella
del Pianeta. Una dieta vegana può arrivare a consumare circa la metà dell'acqua
dolce, produrre un quarto delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento
idrico, sfruttare un quarto del suolo e avere un impatto sulla biodiversità di
un terzo rispetto ad una dieta onnivora (con 100 g di carne al giorno).
Oggi la dieta
vegana è oggetto di una grande attenzione, come testimonia il recente boom di
prodotti e alternative vegetali presenti non solo nei ristoranti, ma in ogni
ambito commerciale (dall’abbigliamento, ai prodotti di pulizia della casa)
andando oltre la sola dieta, fino a diventare uno stile di vita. Da uno studio
europeo emerge come, sebbene la maggioranza dei consumatori europei si dichiari
ancora onnivoro, sia in atto un importante cambiamento: il 51% dei consumatori
di carne dichiara di stare attivamente riducendone il consumo. In questa
ricerca l’Italia è risultata al primo posto in UE, insieme alla Germania, per
la percentuale di persone (59%) che dichiara di mangiare meno carne. L’Italia è
ai primi posti nell’Unione Europea anche per consumo e accettazione di proteine
vegetali. Sempre secondo lo studio, la motivazione principale che spinge le
persone a questa riduzione è la salute (47%), ma anche il benessere degli
animali (29%) e l'ambiente (26%) hanno un ruolo importante.
Oggi, quasi il
10% della popolazione italiana si definisce veg, con un 7% di vegetariani e un
2% che ha scelto una dieta completamente vegana. Numeri che si riflettono anche
nei dati del mercato italiano degli alimenti a base vegetale, in crescita
costante, nonostante l'aumento dei prezzi: le vendite al dettaglio di alimenti
a base vegetale hanno raggiunto 641 milioni di euro nel 2023, con un aumento
del 16% dal 2021.
“Dal Living
Planet Report 2024 del WWF si evince un’analisi drammatica degli effetti del
sistema alimentare globale sul Pianeta. L'impatto ambientale degli alimenti di
origine animale è generalmente più elevato rispetto a quello degli alimenti di
origine vegetale, a causa sia di processi direttamente correlati alla gestione
degli animali, come ad esempio la produzione di metano da parte dei ruminanti,
ma anche ammoniaca e polveri sottili, sia di processi indiretti, dovuti
all’impiego di ben 2/3 dei terreni agricoli per la sola produzione dei mangimi
per l’alimentazione animale, come la soia, uno dei principali responsabili
della deforestazione delle zone più preziose del mondo, e l’abuso di risorse
come l’acqua dolce, risorsa sempre più scarsa in molte zone del mondo.” Afferma
Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia. “Per questo motivo, in
un Pianeta in cui la popolazione è in crescita verticale, è indispensabile che
il sistema alimentare globale sia sostenibile e per fare questo, i Paesi ad
alto reddito devono ridurre drasticamente produzione (anche esternalizzata) e
consumo di alimenti di origine animale. Anche questa è transizione giusta”.
Una dieta
vegana bilanciata può offrire diversi benefici anche per la salute umana: tra
questi una riduzione del rischio di malattie croniche come diabete,
ipertensione e malattie cardiovascolari. Questi vantaggi sembrano derivare da
una maggiore assunzione di fibre, antiossidanti e fitonutrienti, oltre a una
ridotta presenza di grassi saturi, tipicamente più elevati nelle diete onnivore
e un miglioramento del microbiota intestinale.
“Per
ottimizzare questi benefici è, però, fondamentale: seguire la stagionalità
degli alimenti (frutta e verdura di stagione hanno un profilo nutrizionale più
ricco); scegliere metodi di coltivazione sostenibili, come il biologico (per
ridurre l’esposizione cronica a residui di pesticidi); avere un apporto
adeguato di nutrienti critici, come la vitamina B12, il ferro e gli acidi
grassi omega-3 (spesso meno presenti negli alimenti vegetali)" afferma
Domenicantonio Galatà, biologo nutrizionista e Presidente AINC (Associazione
Italiana Nutrizionisti in Cucina). “Inoltre anche chi non segue una dieta
vegana in modo permanente può attuare un programma che incoraggia l’uso di
alimenti vegetali per una settimana al mese, praticando una sorta di ‘dieta
vegana a intermittenza’. Una modalità di adesione alla dieta vegana accessibile
anche a chi, per salute, stagionalità o religione, si trova già ad alternare
periodi di astensione da certi alimenti”.
Proprio
nell’ottica di una dieta vegana a intermittenza, il WWF tiene a porre l’accento
sull’importanza di incentivare forme sostenibili di allevamento del bestiame.
Queste attività possono infatti consentire di ripristinare la fertilità dei
terreni e conservare la biodiversità. Per un’agricoltura sostenibile è
necessario riportare l’allevamento degli animali in un processo di economia
circolare all’interno delle aziende agricole, dove gli animali siano cresciuti
nel rispetto del loro benessere e dell’ambiente circostante. Pratiche come
quella della zootecnia biologica in un’azienda agricola sono fondamentali
perché permettono di ‘chiudere’ il ciclo ecologico dell’azienda.
Il veganismo
non riguarda solo l’alimentazione, ma include anche le scelte legate
all'abbigliamento e ai prodotti di uso quotidiano. L’industria cosmetica, per
esempio, fa ampio uso di prodotti di origine animale nelle sue formulazioni:
cheratina, collagene, acido ialuronico, acido stearico, placenta, grassi
animali sono solo alcune delle sostanze animali presenti nelle soluzioni
cosmetiche. Il problema, in realtà, è che molti di questi ingredienti possono
essere anche di origine vegetale o sintetica, ma non sempre le etichette fanno
chiarezza su questo punto. Gelatina e colla di pesce, ricavate entrambe dalla
lavorazione di tessuti connettivi animali, sono adoperate anche dall’industria
farmaceutica per la produzione di medicine in capsule e altro. Molte sono le
certificazioni vegan sul pack, rilasciate da organizzazioni e agenzie
specializzate, che possono aiutare i consumatori a identificare e scegliere
prodotti interamente plant-based. Pelle, lana, seta e piume presenti
nell’abbigliamento, calzature e accessori, oltre a comportare spesso lo
sfruttamento di animali, possono avere un elevato impatto ambientale. Il 20%
della pelle al mondo viene acquistata dall'industria automobilistica per
produrre sedili e interni di veicoli, il che rappresenta il più grande utilizzo
di pelle brasiliana al mondo. La pelle è un sottoprodotto dell'allevamento del
bestiame, uno dei principali responsabili della deforestazione e conversione di
ecosistemi prioritari.
Crediti foto: WWF.
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