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29 gen 2013

Una perla incastonata nella roccia

Una perla incastonata nella roccia

Autore: Anonym / martedì 29 gennaio 2013 / Categorie: Attualità, Sicilia / Vota questo articolo:
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Nel cuore della Sicilia c’è una perla incastonata nella roccia, è il castello Manfredonico chiaramontano di Mussomeli (CL). Luogo di intrighi, complotti, tradimenti, leggende e fantasmi che affascina da secoli numerosi visitatori. Costruito su una rocca calcarea all’altezza di circa 80 metri si presenta altero e imponente, mostra ai visitatori un panorama che abbraccia quasi tutta la regione, nel luogo più adatto per esibire la sua magnificenza, il suo controllo su tutto e il suo passato potere.
Il castello fu costruito probabilmente sulle rovine di un edificio arabo dal discendente di Carlo Magno Manfredi III Chiaramonte, tra il 1364 e il 1367, che ebbe pure l’onore d’ospitare il re di Sicilia Federico III. Pochi anni dopo gli aragonesi si apprestano a tornare in Sicilia a causa del matrimonio tra la figlia del re Federico, Maria, con Martino d’Aragona, prevedendo così con questa unione il predominio spagnolo sull’isola, togliendo chiaramente potere ai nobili locali. È da quel castello che parte una prima debole resistenza, nel luglio del 1391, con Manfredi ormai in tarda età e suo cugino Andrea Chiaramonte che organizzano un’assemblea rivoluzionaria insieme ai baroni siciliani per debellare il nemico ormai alle porte. Tutti giurano fedeltà al patto e si definiscono anti-aragonesi. Ma dietro quell’atmosfera di tregenda si celò l’inganno: solo otto mesi dopo, gli stessi baroni che giurarono vendetta agli spagnoli li accolsero a braccia tese al loro arrivo. Unico grande assente Andrea Chiaramonte, al quale in seguito furono confiscati tutti i beni. Lui si difese a Palermo, ma troppo debole per resistere si arrese, fino ad umiliarsi e il 17 maggio 1392 si presenta al cospetto della regina Maria per omaggiarla e per questo viene perdonato. Ma il rancore si insinua nei sentimenti e non si dimentica facilmente il torto subito, infatti il giorno seguente venne arrestato con un pretesto, condannato e il 1 giugno giustiziato a Palermo in piazza Marina, di fronte al Palazzo Stesi orgoglio e prestigio della nobile famiglia Chiaramonte. Il castello è passato nel frattempo nelle mani della famiglia Moncada. Il tempo passa e molte famiglie si alternano nel suo possesso, molti quasi lo ignorano altri se lo contendono, e forse questo ha fatto sì che restasse imperturbato per secoli.
Non mancano leggende e fantasmi in un luogo che ha colpito tanto l’immaginario collettivo, al tal punto da rendere famose la leggenda della Baronessa di Carini, insieme al mistero delle tre sorelle murate vive e di don Guiscardo de la Porte il celebre fantasma del castello condannato nell’oltretomba a vagare nei secoli a causa di una bestemmia, tormentato dalle sue pene d’amore e dal suo senso di paternità per un figlio mai visto.
La leggenda della Baronessa di Carini racconta che nel ‘500 il castello era abitato da Cesare Lanza e dalla sua famiglia. Cesare aveva una figlia che all’età di 14 anni venne concessa in sposa al barone di Carini, il quale distratto dai suoi interessi trascurò i sentimenti della moglie, Laura Lanza, che in preda all’assenza del marito si abbandonò tra le braccia d’un amico d’infanzia, Ludovico Vernagallo. Laura abitava nella dimora del marito, e un giorno il padre si recò da lei per farle visita e la trovò in flagranza nell’atto di tradire il marito, un raptus accecò il vecchio Cesare che la strangolò fino a condurre sua figlia alla morte. La leggenda si conclude con il castigo eterno della povera Laura che ancora oggi vaga nel castello di Mussomeli cercando il padre assassino che la punì con tanta ferocia.
L’altra leggenda interessa direttamente il principe Federico che venne convocato in guerra per difendere il suo dominio. Il principe geloso di lasciare le sue tre belle sorelle Costanza, Margherita e Clotilde incustodite, decise di murarle in una stanza con dei viveri, pensando che la battaglia non sarebbe durata a lungo; quindi partì e il castello rimase incustodito. Federico si sbagliò sul calcolo del tempo, e al suo ritorno fece abbattere il muro trovando di fronte a sé uno spettacolo raccapricciante: vide le sorelle morte con le scarpe in bocca nell’atto di mangiarle a causa dell’abbandono e dell’inedia che colpì le tre disgraziate. Da quel giorno quella stanza è stata ribattezzata “la camera delle tre donne”.
L’atmosfera suggestiva che ancora oggi offre il castello Manfredonico chiaramontano è unica e affascinate e permette di immergersi in un oscuro passato, tra delle stanze in cui si sente chiaramente l’eco fantastico di cavalieri e dame d’uno sconosciuto medioevo.

 

Foto di Vito Catalano

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