Cento anni fa, il 18 febbraio del
1922, nacque e Livorno Luigi Squarzina, insieme a Giorgio Strehler
(Trieste,1921) il Padre Fondatore del teatro di Regia in Italia, ma mentre per
il regista triestino, lo scorso anno, ci sono state un susseguirsi di manifestazioni,
eventi, ricordi personali, memoires giornalistiche che ne raccontavano e
illustravano il grande magistero teatrale, nel caso, quest’anno che sta per
chiudersi, di Squarzina il classico “assordante silenzio”, reso ancora più
colpevole, a mio avviso, dal semplice fatto che l’uomo di teatro Luigi
Squarzina, livornese di nascita, ma di Lugo di Romagna (di cui è stato
“cittadino onorario”), la famiglia, romano, genovese ed emiliano – per molti
anni ha insegnato al Dams, Università di Bologna, dopo esserne stato uno dei
principali fondatori – è stato il regista più importante del teatro italiano
del Novecento, un autentico Maestro da cui è partita la meglio gioventù
registica del dopoguerra, a cominciare da Luca Ronconi, Massimo Castri, Mario
Missiroli, e poi Aldo Trionfo, Giancarlo Cobelli e, per l’acribia delle sue più
recenti indagini drammatico-registiche, lo stesso Federico Tiezzi.
Non è questa la sede per
raccontare la poliedrica vita teatrale di Luigi Squarzina caratterizzata da
innumerevoli interessi artistici e professionali, diversificati nei generi
drammatico /letterari e perfino attorali, teorici e pedagogici, tenuti
saldamente insieme da un’unica e forte passione per il Teatro di cui ne diventa
il più razionale e multiforme interprete. Poetica (le istanze del fare) e
Storia (il rapporto ineludibile fra politica e società) sembrano in lui
assolutamente congenite, affini all’esistenza stessa. Intellettuale organico,
secondo la definizione di Gramsci per cui non si può separare l’homo faber dall’homo
sapiens, Squarzina è stato uno storico e studioso del teatro che ha
lasciato dei libri fondamentali per capire la storia dello spettacolo teatrale
moderno e contemporaneo che non poteva essere riconosciuto e spiegato se non
attraverso i rapporti di forza esistenti nella società in quei momenti di grandi
trasformazioni culturali e tecnologiche che si sono succedute nel corso dei
secoli, e farli interagire fra di loro: dai greci, agli elisabettiani,
dall’illuminismo alle correnti di pensiero ottocentesco, alle avanguardie del
primo e del secondo ‘900, fino all’idea/ipotesi di un teatro dell’avvenire come
utopia realizzata sulla scena teatrale, all’aperto come nel chiuso di una sala
teatrale di cui riusciva ad esplorarne tutte le possibilità visive moltiplicandole
in prospettive inusuali e plurime come nel suo Molière/Bulgacov del
1976, che mi pare sia, alla fine, lo spettacolo che meglio lo definisce e
comprende. Oltre sessanta anni di teatro vissuti intensamente a partire dal
1947 (Tutti miei figli di A. Miller) fino alla morte avvenuta l’8
ottobre 2010, ci hanno lasciato in eredità una mole enorme di materiali che
fanno parte dell’imponente Archivio donato all’Istituto Gramsci di Roma, mentre
la Biblioteca ricca di preziosissimi volumi è confluita nella Fondazione Cini
di Venezia (Sezione Teatro e Melodramma) che insieme ai quasi 50 spettacoli dal
vivo, le innumerevoli regie televisive e radiofoniche, gli otto testi teatrali,
le tante regie di opere liriche e i numerosi adattamenti costituiscono un
patrimonio d’eccellenza unico e ineguagliabile, probabilmente irraggiungibile.
Ecco perché bisogna essere grati al Teatro Rossini di Lugo che ne ha ricordato i
100 anni dalla nascita con una eccezionale serata d’onore di ricordo e di
spettacolo, affidato il primo agli interventi di Oliviero Ponte di Pino che ne
ha illustrato in maniera impareggiabile l’accattivante biografia artistica, intanto
che Massimo Popolizio, Tommaso Cardarelli, Michele Nani, Sandra Toffolatti, in
lettura drammatizzata, recitavano, scene nodali (ma era quasi l’intero testo)
dei tre atti di Tre quarti di luna, lo spettacolo che segnò l’esordio
come attore di Luca Ronconi, al Teatro Valle nel 1953. Festosi e insistiti
applausi dal numeroso pubblico presente, alla fine della intensa mise en éspace,
fra i quali la moglie di Squarzina, Silvia Danesi, e Maria Ida Biggi, direttrice
dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Cini. Un prezioso
evento che fa un po’ giustizia di un genetliaco dimenticato.
Nella foto: Giovanni Barberini Direttore del Teatro Rossini di Lugo.
Nella Galleria fotografica: le immagini della mise en éspace di Tre quarti di luna al Teatro Rossini.
Foto credit: Giuseppe Melandri
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