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2 mag 2013

L’

L’"AMMITTU" DI SAN GIUSEPPE A DATTILO: UNA PRANZO RITUALE OFFERTO ALLA SACRA FAMIGLIA

Autore: Anonym / giovedì 2 maggio 2013 / Categorie: Speciali, Arte Culinaria, Sicilia / Vota questo articolo:
2.0
Una tradizione antica e suggestiva, riportata in vita però solo in tempi recenti, è quella dell’”Ammittu di San Giuseppe” a Dattilo, frazione del comune di Paceco, in provincia di Trapani; una delle molte manifestazioni popolari che celebrano la festa di San Giuseppe. Nel piccolo paese che ha circa 600 abitanti la devozione verso lo Sposo della Madonna si concretizza in una serie di rituali che hanno attraversato i secoli: tra questa la Vampata, cioè la processione con fiaccole dei fedeli che cantano inni e proclamano le lodi di San Giuseppe e che alla fine gettano tutte le fiaccole una sull’altra creando un unico grandissimo fuoco.
L’Ammittu nasce dalla tradizione locale per cui chi chiede o ha già ottenuto una grazia offriva un “pranzo sacro” alla Sacra Famiglia impersonata da tre persone bisognose (in quanto San Giuseppe è anche il patrono dei poveri). Il pranzo doveva essere particolarmente abbondante, anche a prezzo di gravi sacrifici per la famiglia che ospitava i tre figuranti. In tempi più recenti, fu tutta la comunità che offriva – e così avviene anche oggi – il “pranzo sacro” alla Sacra Famiglia. Nel giorno della festa di San Giuseppe, i tre paesani scelti per impersonare il Santo, Maria e Gesù Bambino in groppa a un asino vanno per le vie di Dattilo, seguiti dalla processione del popolo. I tre bussano alle porte delle case per cercare “risettu” (alloggio): sono le cosiddette “tuppuliate”. Collezionati numerosi rifiuti, i tre arrivano sul luogo dell’”Ammittu”, dove viene appositamente realizzata in precedenza una struttura in legno a forma di chiesetta, addobbata con foglie di alloro, arance, limoni, la “murtidda” e i famosi pani votivi di S. Giuseppe. Questi sono preparati con un impasto di acqua, farina e sale e lavorati dalle donne con strumenti come un ditale, un coltellino, delle pinzette o il cosiddetto “pizzica-pizzica” fino ad assumere forme di animali, angeli, fiori, stelle o simboli religiosi. All’interno della struttura in legno si trova un altare a tre piani dove sono collocati i pani secondo una logica e un regola precisa, a seconda delle forme, anch’esse esattamente codificate e di una altrettanto precisa simbologia. Non mancano ostensori e candelabri, anch’essi di pasta.
Quando arriva la Sacra Famiglia, il paesano che impersona il padrone di casa, munito di una brocca contenente dell’acqua, di una bacinella e di una tovaglia di lino lava le mani dei tre personaggi e le bacia. Finalmente vengono portate tutte le pietanze, dalle donne e da coloro che impersonano i servitori. San Giuseppe, Maria e il Bambino vengono imboccati: ma assaggiano soltanto i cibi, che per il resto vengono offerti a tutti i presenti. Ogni portata è annunciata e accompagnata dalla formula “Viva Gesù, Giuseppe e Maria”.
Le pietanze offerte al Santo sono circa 101, ma il numero varia. Oggi ai cibi tradizionali si affiancano anche piatti elaborati e più moderni.
Anche i pani preparati con tanta cura e benedetti, alla fine, vengono regalati alle persone presenti.
Durante la cerimonia per tutto il pomeriggio cantastorie recita poesie e canzoni in dialetto che prendono il nome di “Parti di San Giuseppe”.
Quest’anno alla manifestazione ha partecipato il Gruppo Agro Ericino di Valderice.


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