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7 ago 2014

RADICONDOLI, IL MIGLIOR TEATRO NEL CUORE DELLA TOSCANA

RADICONDOLI, IL MIGLIOR TEATRO NEL CUORE DELLA TOSCANA

Autore: Anonym / giovedì 7 agosto 2014 / Categorie: Attualità, Teatro, Italia, Toscana / Vota questo articolo:
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Ventotto anni di Festival "Estate a Radicondoli", una vetrina estiva che col passare del tempo si è conquistata uno spazio nel panorama delle manifestazioni teatrali più importanti d’Italia. Indimenticabili gli anni con la direzione artistica di prestigio del compianto Nico Garrone, critico teatrale di grande autorevolezza, uomo d’altri tempi eppure, da sempre, osservatore attento e preparatissimo di tutto quello che di nuovo si manifestava nel teatro italiano nell’arco di vari decenni. Fu lui a far conoscere il Festival in tutta Italia: accanto, sempre, preziosissima, la presenza discreta di Anna Giannelli, ufficialmente solo ufficio stampa del Festival, ma in realtà molto più di questo.
Da tre anni al timone del Festival del paese di Radicondoli, (nella provincia di Siena), che la manifestazione teatrale ha il merito di avere fatto conoscere in Toscana e fuori - è Massimo Luconi, regista, più volte guida artistica e organizzativa del Teatro Metastasio di Prato. Con Luconi "Estate a Radicondoli" ha trovato, di nuovo, un suo profilo originale e definito, non omologato a quello di tanti altri festival estivi, di fatto fotocopia l'uno dell'altro: soprattutto nel rivolgere una attenzione pressoché esclusiva agli stessi gruppi di ricerca "di tendenza", giovani e non. Anche a Radicondoli si guarda a questo settore dell’attività teatrale di oggi, ma senza dimenticare altri campi altrettanto validi, in particolare la nuova drammaturgia italiana e straniera. Ma c’è spazio, in cartellone, anche per altre esperienze. Come quelle dello stesso Luconi, che da lungo tempo cerca un'osmosi, una comunicazione tra i linguaggi espressivi africani ed europei. Grande innamorato e conoscitore del Continente Nero, Luconi si è affidato al giovane (22 anni) ma straordinario interprete del suo recente "Antigone - Una storia africana", il senegalese Ibrahima Diouf, affiancato qui da altri tre connazionali, per una versione teatrale del drammatico, angosciante "Ceneri", di Tahar Ben Jalloun, canto straziante per i morti di tutte le violenze di massa e le guerre (che in Africa continuano ad abbondare, nell'indifferenza totale dei Paesi ricchi degli altri continenti). 
Ancora più crudo - ai limiti dell'insostenibile - lo spaccato di una terra (la Cecenia?) devastata fisicamente e umanamente al centro di "Anna Politkovskaya - In memoriam" del quotato scrittore svedese Lars Noren. Con la regia di Salvino Raco, un gruppo di undici attori dà forma sulla scena all’affresco di un autentico inferno di disperazione, corruzione, sesso e violenza, dove la prostituzione, lo sfruttamento dei corpi da parte degli stessi genitori e congiunti e - en passant - l'incesto costituiscono una realtà abituale e quotidiana. La reporter uccisa per le sue inchieste scottanti (e non allineate al potere ufficiale) sulla guerra in Cecenia è ricordata, alla fine dello spettacolo, da un video di una sua intervista in cui proclama la necessità, anzi il dovere assoluto di raccontare la realtà così come è, senza edulcorare le atrocità e le crudezze. Questo spettacolo scioccante, estremo, è stato presentato nella palestra del paese, trasformata in spazio teatrale, mentre invece "Ceneri" è andato in scena in chiesa, nella Pieve vecchia della Madonna, a sottolinearne, forse, la sacralità di 'rito' teatrale. 
Se "Gioco di specchi" di Stefano Massini, l'autore probabilmente più fortunato del teatro italiano di nuova generazione, mette in scena un gioco sottile e dalle mille facce tra un Don Chisciotte e un Sancio ripensati modernamente e rispecchiati l'uno nell'altro. Gli attori erano Marco Brinzi e Ciro Masella, anche regista, e il luogo dello spettacolo il piccolissimo Teatro dei Risorti. Arianna Scommegna, una delle attrici italiane più interessanti segnalatesi negli ultimi anni, ha interpretato, nelle Scuderie del palazzo comunale, “Potevo essere io”. La Scommegna - che è la figlia del cantante Nicola Di Bari - è stata la mattatrice divertente, ma anche sensibile e partecipe nelle parti serie e drammatiche del testo, di questo monologo ai confini del teatro di narrazione di Renata Ciaravino (che si è avvalso della supervisione registica di Serena Sinigaglia). Un "come eravamo" a tinte bizzarre e forti, tra deformazione ironica, assoluta plausibilità e realismo, in cui una bambina di fine anni Settanta inizio anni Ottanta ci racconta il suo mondo di periferia metropolitana, popolato di figure grottesche e buffe oppure inquietanti o dolorose. Il tutto tra complessi infantili, adolescenziali e traumi o tragedie familiari che hanno turbato per sempre queste giovani coscienze. L'attrice può contare, nello spettacolo, solo sulla sua presenza fisica e sui suoi mezzi di interprete: unica "scenografia" film proiettati in Super8, che fanno tanto anni Settanta.


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