A dicembre compirà settant’anni, Josè Carreras. L’inevitabile azione del tempo e i gravi problemi di salute che il grande tenore spagnolo ha subito non hanno per ora avuto la meglio sul fascino, sulla bellezza e - in buona parte – sul vigore del suo strumento vocale. Anche se il cantante, ovviamente, si presenta al pubblico in recital con programmi dosati sulle sue attuali – ma sempre rilevanti – possibilità. Al di là delle straordinarie doti interpretative, rimaste inalterate se non ulteriormente affinate con gli anni, il mestiere, la raffinatezza, la maestria stilistica e d’arte nel gestire la sua voce sono in grado – a livelli come quelli di Carreras – di compensane e superare le manchevolezze e problemi della voce stessa, che diventano alla fine quasi inavvertibili. Anche per questo, forse, il pubblico festeggia con un traboccante caloroso entusiasmo, con amore autentico e con gratitudine, un’esibizione come quella sold out del Teatro del Giglio di Lucca che ha chiuso con un annunciato trionfo il festival ”I giorni di Puccini – Puccini days”. L’edizione 2016-2017 – lo ha comunicato dal palco il sindaco della città, Alessandro Tambellini – si aprirà con una messa in scena di “Bohème” (quest’anno è toccato a “Madama Butterfly”). L’appuntamento con Carreras è stato seguito in tempo reale su maxischermo da altre centinaia di persone assiepate nella chiesa di San Francesco.
Nel concerto, il tenore – accompagnato dall’eclettico ed elegante pianista Lorenzo Bavaj – ha guidato il pubblico in un vero e proprio viaggio non solo tra gli stili e i generi musicali, ma anche tra le epoche e i continenti: dal barocco di Alessandro Scarlatti (la struggente aria “O cessate di piagarmi”), si è passati alla Norvegia di Edvard Grieg, alla romanza da camera italiana tra Ottocento e Novecento di Tosti (i capolavori “Segreto”, “Sogno” e “Ideale”), all’Argentina del re del tango Carlos Gardel (“Lejana tierra mia”), per poi approdare alla canzone napoletana, con una serie di titoli più o meno noti. Le melodie di Napoli (“cantarle è rendere omaggio anche a una tradizione illustre di molti tenori del passato”, ricorda Carreras), hanno dominato anche i bis, ben 4, in mezzo ad un pubblico entusiasta e osannante oramai tutto in piedi (chiusura con “Core ‘ngrato” e “Dicitincello vuje”). En passant, un omaggio – solo di Bavaj – a Astor Piazzolla, i cui antenati erano giustappunto lucchesi.
Il cuore del concerto del Giglio è stato però – inevitabilmente – la parentesi dedicata a Giacomo Puccini: dopo il “Piccolo valzer”, al piano, diventato poi l’aria di Musetta ne “La Bohème” – si sono potute ascoltare due poco frequentate romanze per voce e pianoforte, “Terra e mare” e “Sole e amore”, tra l’altro impegnative anche sul piano vocale. Facile riconoscere, nella seconda, la melodia del futuro duetto Mimì-Rodolfo del terzo atto de “La Bohème”. Ma anche i materiali melodici di “Terra e mare” furono riutilizzati da Puccini, in “Turandot” e “Manon Lescaut”. Segno – fa notare Carreras – di come fosse già matura la creatività, almeno melodica, dell’autore intorno ai vent’anni, quando scrisse queste pagine “purtroppo rare e poco eseguite”, come ha osservato Andrea Bocelli – in platea, tra gli spettatori del concerto - grande amico e naturalmente ammiratore del grande Carreras. Anche per Bocelli, non sono mancati gli applausi in sala.
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