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22 mar 2020

Edoardo Siravo, primo direttore artistico del Festival Internazionale, nel 2003, torna sul palcoscenico del Teatro Romano con il suo travolgente Faust

Edoardo Siravo, primo direttore artistico del Festival Internazionale, nel 2003, torna sul palcoscenico del Teatro Romano con il suo travolgente Faust

Autore: Rita Sanvincenti / domenica 22 marzo 2020 / Categorie: Attualità, Teatro, Italia, Toscana / Vota questo articolo:
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Speciale Festival Internazionale Teatro Romano Volterra XVII Edizione. È un rapporto di lunga data quello che Edoardo Siravo ha con il Festival Internazionale Teatro Romano Volterra, del quale è stato primo direttore artistico, dal 2003 al 2005. Profonda è la stima che lo lega al fondatore della prestigiosa rassegna teatrale, Simone Migliorini. Siravo è tornato a Volterra, ottimo, applauditissimo interprete di un Faust di grande intensità, accanto al Mefistofele di Antonio Salines, nella messa in scena, in Prima Nazionale, della splendida opera di Christopher Marlowe.
Come nasce il suo rapporto con il Festival?
Per qualche anno ne ho avuto la direzione artistica. Ci tenevo molto a sostenere Simone che, con grande generosità, ha saputo portare avanti un Festival serio, importante: contro tutto e contro tutti. Resiste. Successivamente a quel periodo ho mantenuto il rapporto con il Festival, essendo all’interno della giuria del Premio Ombra della Sera e ogni volta che posso venire qui a Volterra sono felice. Do il mio contributo ad un Festival così prestigioso.
Tornerà a Volterra per la cerimonia di consegna del Premio?
Purtroppo quest’anno non riuscirò ad essere presente, ma credo che verrà mia figlia Silvia, la quale a sua volta ha ricevuto questo riconoscimento. Anche il Premio Ombra della Sera è un premio serio: ce ne sono pochi, oggi. La sua giuria lavora bene. Ogni anno, insieme, scegliamo nomi importanti.
La Prima Nazionale di questo Faust, sul magnifico palcoscenico del Teatro Romano è stata un successo. Perché, secondo lei, non viene più rappresentato?
Non si fa più Marlowe. I teatri stabili italiani, i teatri pubblici dovrebbero rappresentare, ad esempio, Rosso di San Secondo interpretato da attori veri, invece di Pirandello con qualche attore televisivo al quale viene applicato un microfonino sulla guancia. È un problema di incultura italiana. Ci sono poi motivi politici… In nessun Paese del mondo il teatro è stato così sfregiato come nel nostro.
Anche gli attori si trovano a subire questa situazione.
Sì, ma esiste una buona parte di attori che sa benissimo cosa sta accadendo. Tutti quelli che fanno cinema, televisione, fiction lo sanno. Si mettono il microfonino e lavorano con i “produttori pirati” che se li portano dietro. Il problema è che il pubblico che assiste a quegli spettacoli l’anno successivo non andrà più a vederli e poi non andrà più nemmeno a teatro. Questo è quello che si sta verificando.
Qui, al Teatro Romano, il pubblico ha risposto con lunghi applausi al vostro Faust. Un risultato molto positivo per lei e per Salines, ma anche per un certo tipo di teatro. Come è nato questo lavoro che avete realizzato insieme?
Lo abbiamo autoprodotto, Antonio ed io. Aveva interpretato quello con Buazzelli. Un giorno gli dissi che sarebbe piaciuto anche a me farlo. Sono quindici, vent’anni che collaboriamo e sono onorato di lavorare con uno dei più grandi attori italiani. Anche lui è felice, credo, di lavorare con me. Così abbiamo deciso di produrre Faust con il Teatro Belli, che è la sua struttura: tartassata dalla politica, dall’economia… Potremmo dire che facciamo teatro per dispetto, per mostrare che si può fare il teatro “vero”. Qualcuno, quindi, rimane male, ma questo è, infatti, il nostro dispetto… Noi resistiamo.
Esiste, all’origine, un problema enorme che investe innanzitutto la drammaturgia. È d’accordo?
La drammaturgia contemporanea è terribile. Prima esisteva l’Istituto del Dramma Italiano… Credo che dietro questa situazione vi siano obiettivi ben precisi di carattere politico. Credo che si sia capito che in una nazione nella quale funziona il teatro, dove regna la meritocrazia nel teatro, di conseguenza, regna la meritocrazia nella società. Fatto, questo, che per qualcuno sarebbe inaccettabile, sia per la “destra”, che per la “sinistra”. Penso che la “destra” si disinteressi completamente e non conosca il teatro. La “sinistra”, invece, se ne interessa, è vero, ma la lo fa con le fondazioni, le lobby, i “giochini ministeriali”. Ormai, però, il re è nudo. Inoltre non è nemmeno vero che mancano i soldi. Ci sono, ma sono in pochi a dividerseli. D’altra parte sono state aperte centinaia di scuole che sono le sacche di contenimento del lavoro mediocre. Così facendo, però, si può sostenere che in Italia c’è la democrazia perché ci sono tante scuole. La verità è che vi sono gruppi oligarchici che fanno quello che vogliono.
Cosa rende Faust un personaggio sempre di straordinaria attualità?
Metà Italia si è venduta l’anima. Nessuno ha più coscienza che si muore. Faust se ne accorge solo alla fine. Il famoso monologo di Faust è uno dei più belli del teatro mondiale, famoso quasi quanto quello di Amleto. Nessuno sa più qual è il suo destino: si muore, un giorno. Allora, forse, altre cose dovrebbero essere ritenute importanti nella vita: lasciare qualcosa ai propri figli, ma non un'eredità materiale, bensì culturale, intellettuale, emotiva, affettiva. Invece tutti pensano ad altro. La bellezza di questo nostro spettacolo è che riporta in scena la favola di Faust, che è come quella di Don Giovanni: entrambi si collocano tra i grandi miti della letteratura. Penso che sia necessario mantenere la qualità delle emozioni e della fantasia. Ormai il teatro è finito in mano a gente che ha ucciso entrambe, ma lo spettatore vuole l’emozione, che è anche ridere, sì, ma ridere bene, in maniera intelligente.



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