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16 dic 2014

Il Costume come opera d’arte. Vent’anni di Atelier Pietro Longhi

Il Costume come opera d’arte. Vent’anni di Atelier Pietro Longhi

Autore: Rita Sanvincenti / martedì 16 dicembre 2014 / Categorie: Attualità, Arte, Moda, Italia, Veneto / Vota questo articolo:
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Non nasconde l’emozione Francesco Briggi alla grande festa che celebra i vent’anni del prestigioso Atelier Pietro Longhi, che da Venezia ha conquistato il mondo con le sue preziose, raffinatissime collezioni di costumi e accessori d’epoca: abiti unici, di alta sartoria, che fanno vivere a chi li indossa momenti indimenticabili ed intense emozioni. 
Vent’anni di grandi successi: presente nelle più importanti rievocazioni storiche, nel teatro, nel cinema, attivamente impegnato in attività culturali, l’Atelier nasce da una vera grande passione, “da un sogno” come Francesco dichiara, “reso possibile grazie anche a collaboratori e clienti diventati poi amici”. Così, proprio alla vigilia del suo 47esimo compleanno, festeggia questo doppio anniversario, con la moglie Annamaria e con gli amici, tutti, ovviamente, in costume d’epoca, presso la Scuola Grande San Giovanni Evangelista. La sua splendida Sala Capitolare, capolavoro del veneziano Giorgio Massari, si è illuminata a festa, mostrando lo splendore dei suoi dipinti, dei marmi policromi, dell’altare di San Giovanni Evangelista, magnifico scenario per le dame e i cavalieri, i re e le regine di questa serata. Francesco – Zorro per l’occasione – dichiara la sua passione per questo costume vissuta fino da bambino, come testimonia una sua foto del novembre del 1971. “Mi vestivo da Zorro tutti i giorni dell’anno, non solo a Carnevale”, ricorda. L’interesse per i costumi, aumentato nel tempo, e sostenuto dalla famiglia (in particolare da sua madre), lo ha portato, nel 1994, con appena sedici costumi, a dare vita all’Atelier Pietro Longhi, insieme alla moglie Annamaria. Di lei Francesco Briggi dice: “pur provenendo da Bergamo, dove non c’era nemmeno il Carnevale, pur non sapendo niente della realtà veneziana, mi ha seguito anima e corpo e si è ritagliata un ruolo di mamma, di cappellaia, di… vivandiera del nostro reggimento, di spalla su cui appoggiarsi e su cui contare in ogni momento della vita. Questo mi ha dato la possibilità di andare avanti”. 
Tra i molti ringraziamenti di Francesco, uno tutto particolare va a Raffaele Dessì: “amico, collaboratore, talmente poliedrico da non poter essere ingabbiato in una definizione, un autentico personaggio. Moltissime sono le avventure, i ricordi, gli aneddoti che abbiamo condiviso: la nostra è un’amicizia sfociata poi in collaborazione professionale”. 
Ed è lo stesso Raffaele (anche studioso di danze antiche), in un bellissimo costume di fine Cinquecento ispirato ad un dipinto del Veronese, a dare vita con la moglie Francesca ad un elegante minuetto, mentre la loro piccola Maria Elisabetta, perfettamente a suo agio nel suo abito lungo, si inserisce gioiosamente nelle danze con la sua compagna di giochi per la serata, Maria Vittoria: due deliziose principessine. E’ stata poi la volta di una festosa quadriglia ed infine di un intermezzo teatrale con alcune battute da “I Rusteghi” di Carlo Goldoni, rappresentato da alcuni componenti della compagnia La Bauta. 
Una serata magica, il cui incanto visivo è accresciuto dall’illuminazione, di gusto pittorico, realizzata da Tecnoluci di Giovanni Bertoli; di alto livello, anche nella presentazione delle sue squisite prelibatezze, il catering La Dogaressa di Luigino Cassan.
Uno più bello dell’altro i costumi, all’altezza del meraviglioso, monumentale scenario della Sala Capitolare, anzi, complementari ad esso, in un gioco colto, sottile e raffinato in cui passato e presente magicamente si incrociano e si confondono, in cui prendono vita, facendoli apparire come per incanto dopo secoli di storia, coloro ne hanno scritto pagine memorabili o che comunque ne hanno fatto parte. A dir poco sorprendente l’Enrico VIII che realmente sembra essere sceso dalla tela sulla quale Hans Holbein il Giovane, nel ‘500, dipinse il celebre ritratto con l’abito che il Re d’Inghilterra indossava alle sue quarte nozze con Anna di Clèves. Un esempio, questo, della cifra artistico-sartoriale di Francesco Briggi, che trae ispirazione da Michelangelo, da Raffaello, come da David o da Hogarth, dalle opere dei più grandi pittori di tutte le epoche. 
Sensazionale il costume della Regina Elisabetta I, dal peso di circa trenta chilogrammi. “E’ indossato – spiega Francesco - dall’amico Stefano (in arte La Marisa Toletta n.d.r.), che si presta ai nostri ‘esperimenti’, ed è realizzato con circa un chilometro di nastro arricciato con fiocchetti di raso bianco e qualche centinaio di perle”.
Indossa l’abito numero due della collezione dell’Atelier Pietro Longhi, Fabio Moresco, che Francesco presenta agli amici come il “fortunato possessore anche del costume numero uno da me realizzato”. Lo stesso Moresco, nel ringraziare Francesco e Annamaria, consegna loro una targa ricordo del ventennale con dedica: “per i meriti acquisiti nel proprio settore, che riconosce all’Atelier Pietro Longhi, per aver contribuito con la sua arte alla divulgazione della storia del costume incentivandone la cultura e la tradizione veneziana”. 
Due divise militari quelle dei figli di Francesco e Annamaria: Niccolò indossa il secondo abito da ussaro dell’Atelier: “l’ho realizzato circa 18 anni fa all’inizio di una collezione di divise da ussaro. Successivamente, in occasione del bicentenario della battaglia di Marengo ne abbiamo fatte almeno una cinquantina. Ci sono ben 5 file da 18 bottoni, in ognuna delle due giacche che compongono l’uniforme”, spiega Francesco.
Il costume del giovanissimo Giacomo è invece da sergente nordista (“speriamo che diventi presto capitano o generale”, commenta scherzosamente suo padre). 
Costumi e accessori d’epoca, ma anche abiti fantastici, come quelli delle due installazioni, punti di luce nella sala delle danze, o per creature surreali, come l’angelo vestito di bianche trasparenze tra crinolina e piume, con l’elmetto da soldato del cielo.
Immancabili le “Marie” accompagnate da Maria Grazia Bortolato che, ogni anno, durante il Carnevale organizza la celebre, antichissima “Festa delle Marie”. Indossano, come sempre, gli stupendi costumi realizzati per loro dall’Atelier Pietro Longhi con tessuti firmati Rubelli. Marianna Serena, la vincitrice dell’edizione 2014, veste lo splendido abito indossato alla sua proclamazione. Francesca Voltolina ha invece quello della “Maria” eletta nel 2013, realizzato interamente con damasco di seta di Rubelli: è della metà del ’600, con passamaneria anni ’20 e pizzo fine ‘800 siciliano. La “Maria” Elisa Mazzuccato indossa invece il costume creato per Carolina Kostner che si è lanciata nel “Volo dell’Aquila” dal Campanile di San Marco alla piazza, in occasione della proclamazione della Maria dell’anno 2014: l’abito, ricchissimo di particolari, si ispira alla natura che d’inverno dorme sotto un manto bianco, che la celebre pattinatrice nel suo volo scopriva. 
Tra i numerosissimi ospiti-amici i Conti Jacopo e Marcello Vettor, in abiti settecenteschi, la contralto Giovanna Dissera Bragadin con un abito del ‘600, la soprano Francesca Scaini in un ricco costume del ‘700, mentre il musicologo Giovanni Dall’Ulivo indossa l’uniforme di ufficiale austriaco. Rosso e oro per il bellissimo abito rinascimentale indossato da Rita Del Mul. Rosso anche il maestoso abito del Direttore eventi della Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Cristina Scarpa. Di grande effetto il costume ispirato a Veronica Franco, celebre “cortigiana onesta” nella Venezia rinascimentale: lo indossa Stefania Stea, il cui cavaliere veste l’uniforme del conte svedese Hans Axel von Fersen, noto per la sua liaison con la regina Maria Antonietta di Francia. 
“I costumi che indossate – dichiara Francesco Briggi - esprimono tutte le parole che non riesco a dire” e aggiunge: “quando mi chiedono qual è l’abito più bello che ho realizzato, rispondo sempre ‘il prossimo’. Faccio un lavoro che mi piace e non potrei fare altro che questo, tutto il giorno e tutti i giorni della mia vita”. 
Non a caso, “Vent’anni di passione”, impresso sotto il logo dell’Atelier Pietro Longhi, si legge sulla squisita torta che Francesco, con la spada di Zorro, affondandola nella crema, taglia per i suoi ospiti, immortalato negli scatti ufficiali di Pierluigi Lucietto e da Letizia Bressan. 




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