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18 nov 2016

Tra scale e impalcaturea Bohème spoglia e povera di Mariani e Daniel Oren

Tra scale e impalcaturea Bohème spoglia e povera di Mariani e Daniel Oren

Autore: Anonym / venerdì 18 novembre 2016 / Categorie: Attualità, Musica, Teatro, Italia, Toscana / Vota questo articolo:
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Scale, impalcature, quasi scheletri metallici in una scenografia spoglia, a tratti sommaria. È “La Bohème” di Giacomo Puccini immaginata per il Comunale di Bologna e per l’Opera di Firenze da Lorenzo Mariani – regista – e William Orlandi, scenografo e costumista. Nel primo atto, il “Mar Rosso“ che dipinge Marcello e “l’ammollisce e l’assidera” diventa grandissimo e diventa curva parete della stanza-soffitta in cui abitano i quattro amici. Nell’ultimo atto, efficacemente, la nudità ancora maggiore dello stesso spazio – il quadro non c’è più – dà l’idea della desolante situazione di miseria, di precarietà assoluta in cui vivono Marcello e Rodolfo, abbandonati dalle ispettive innamorate Colline e Schaunard, tutti e quattro ulteriormente impoveriti. Non a caso, quando arriva Mimì sofferente e vicina alla morta non c’è di meglio per farla stendere che un nudo, vecchio materasso arrotolato. Insomma, gli artisti bohemiens e squattrinati dell’Ottocento diventano – parole del regista - i giovani precari e senza lavoro di oggi. Sempre meglio delle Mimì che morivano di overdose viste qualche tempo fa sui palcoscenici d’opera…
L’unico momento colorito, scintillante, di grandeur è il secondo atto, con una rutilante scritta luminosa “Momus” sopra il Caffè del Quartiere latino. Anima e quasi maestro di cerimonie di questo momento festoso è un Pierrot (il mimo Luigi Benassai) che appare anche a legare il passaggio tra primo e secondo atto.
Daniel Oren sul podio dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino restituisce un’interpretazione di qualità, con sicurezza di scelte stilistiche. Il Coro del Maggio Musicale Fiorentino come sempre si conferma a livelli di assoluta eccellenza. Punto forte dello spettacolo le voci: dal Rodolfo – del primo cast – di Fabio Sartori, dal timbro di grande bellezza e morbido fascino, alla Mimi di grande forza e lirismo di Jessica Nuccio. Marcello è Simone Piazzola, bravo sia nei momenti drammatici che nei “duetti” scherzosi e nelle baruffe di gelosia che la prorompente Musetta di Alessanda Marianelli (sua moglie nella vita). Applausi meritati a scena aperta per il Colline di Gianluca Buratto dopo il “Vecchia zimarra”, mentre Fabio Prevaiti è uno Schaunard di insolito rilievo. Salvatore Salvaggio è, come d’uso, sia Benoit che Alcindoro.

Foto Pietro Paolini

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