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5 set 2013

“L’AMBIZIONE DELUSA” RIPROPONE L’OPERISMO SETTECENTESCO

“L’AMBIZIONE DELUSA” RIPROPONE L’OPERISMO SETTECENTESCO

Autore: Anonym / giovedì 5 settembre 2013 / Categorie: Attualità, Teatro, Italia, Puglia / Vota questo articolo:
5.0

Tutto esaurito e lunghi applausi per l’opera teatrale “L’ambizione delusa”, commedia pastorale in tre atti di Domenico Canicà su musica di Leonardo Leo, con la regia di Caterina Panti Liberovici, in scena nel suggestivo Chiostro di San Domenico, in pieno centro storico martinese. I sentimenti, le ambizioni, la bramosie, i sogni dell’essere umano animano i personaggi di questa opera composta nel 1742, nell’edizione a cura di Marisa Cosi tratta dal manoscritto autografo (conservato a Parigi), e nella pregevole interpretazione degli allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” diretti dal podio dal maestro Antonio Greco. Le scenografie sono curate da Sergio Mariotti, legato professionalmente al Teatro alla Scala, dove lavora come scenografo realizzatore nei laboratori del teatro. I costumi, essenziali, di Caterina Botticelli, vestono i personaggi sempre in forte sintonia con le scelte registiche.

Lo spettacolo si presenta in chiave universale, in grado di trascendere le dimensioni del tempo e dello spazio. Le emozioni umane sono espresse indipendentemente dal realismo narrativo, e la trama si svolge seguendo quelli emotivi prima di dar seguito ai percorsi psicologici. Sono quindi lo spazio della mente e il tempo delle emozioni a mettere in asse il piano cartesiano su cui vive e si sviluppa l’opera.

La commedia si basa principalmente su due linee di caratterizzazione che rimangono, tuttavia, costantemente correlate l’una all’altra. Da un lato i personaggi che appartengono ad un mondo di specchi, dall’altro si trovano invece personaggi che sembrano dialogare col mondo delle ombre. I primi sono privi di consistenza reale: le loro immagini sono come riflesse da uno specchio distorto che porta a vedersi, a desiderarsi diversi da come si è realmente. I secondi tendono a reprimere più o meno consapevolmente le proprie pulsioni. La diversa impostazione che caratterizza i personaggi avviene anche attraverso gli elementi con cui si rapportano le figure sul palco, siano essi parte della scenografia o anche soltanto aspetti di pura luce.

La prima rappresentazione dell’opera si è tenuta a Venezia nel 1850. La rappresentazione teatrale di Martina Franca non si basa su una vera e propria storia: si verifica più cha altro un continuo alternarsi di circostanze, situazioni in cui gli attori si trovano ad agire ed interagire. I personaggi si avvicinano, si allontanano o si respingono, scontrando le proprie pulsioni gli uni con gli altri.

Tutti i personaggi sono ambiziosi, perché l’ambizione può manifestarsi in modi diversi: un’attesa, un sogno, un sentimento che resta incompiuto. I personaggi non riescono a trovare né riscatto né compiutezza.

La scenografia marca ulteriormente le peculiarità dei personaggi. Un’unica scena semplice ma efficace si fonde col contesto architettonico dell’edificio: protagonisti principali gli archi in pietra e la balconata soprastante. Gli attori si muovono su un palco rialzato rispetto al pavimento del chiostro. Sette gli archi compresi nella scenografia, di cui due specchiati con la possibilità dei personaggi di accedervi, quattro archi chiusi da tessuti damascati e uno aperto dal quale deambulano i personaggi. La luce illumina sapientemente il contesto scenografico, rendendolo tutt’uno con lo storico edificio.


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