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2 mag 2020

Dal Generale Saverio Capolupo, una lucida analisi critica di alcuni tra i maggiori problemi del Paese, con qualche esempio di possibili interventi risolutivi

Dal Generale Saverio Capolupo, una lucida analisi critica di alcuni tra i maggiori problemi del Paese, con qualche esempio di possibili interventi risolutivi
Il finanziamento del 50% a fondo perduto, oppure gli interessi interamente a carico dello Stato, sono alcune delle ipotesi realizzabili per sostenere le attività nella fase di recupero. Condizione indispensabile è il senso civico, l’onestà dei cittadini: nel fare le richieste e nel mettere a profitto le somme ricevute. Da parte di tutti, compresi i politici, occorre il senso dello Stato. “Occorre una convergenza di forze di serietà, di trasparenza, di disponibilità, di spirito costruttivo, di onestà da parte di tutti”.
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22 mar 2020

Antonio Salines, un magistrale Mefistofele nel Faust di Marlowe, in Prima Nazionale al Festival Internazionale Teatro Romano Volterra, disponibile sul canale web del Festival

Antonio Salines, un magistrale Mefistofele nel Faust di Marlowe, in Prima Nazionale al Festival Internazionale Teatro Romano Volterra, disponibile sul canale web del Festival
A oltre quarant’anni dalla celebre trasposizione televisiva con Tino Buazzelli e con la regia di Castellani, Salines torna in scena con lo spettacolo diretto da Carlo Emilio Lerici.
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22 mar 2020

Edoardo Siravo, primo direttore artistico del Festival Internazionale, nel 2003, torna sul palcoscenico del Teatro Romano con il suo travolgente Faust

Edoardo Siravo, primo direttore artistico del Festival Internazionale, nel 2003, torna sul palcoscenico del Teatro Romano con il suo travolgente Faust
La splendida, immortale opera di Christopher Marlowe, è da adesso disponibile sul canale video del Festival Internazionale Teatro Romano Volterra, nella versione integrale andata in scena in Prima Nazionale, durante l’ultima edizione della prestigiosa rassegna teatrale.
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22 mar 2020

#iorestoacasa in compagnia del Festival Internazionale Teatro Romano Volterra

#iorestoacasa in compagnia del Festival Internazionale Teatro Romano Volterra
Il Festival Internazionale Teatro Romano Volterra si allinea con i grandi Enti del teatro e della cultura e da oggi trasmette sulla propria piattaforma le riprese integrali degli spettacoli più belli dell’Edizione XVII e delle sue ultime produzioni.
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6 mar 2020

AZZURRA VINCE A CAPE TOWN IL PRIMO EVENTO DELLA 52 SUPER SERIES 2020

AZZURRA VINCE A CAPE TOWN IL PRIMO EVENTO DELLA 52 SUPER SERIES 2020
“Non avrebbe potuto esserci un miglior inizio”, ha commentato il Commodoro dello Yacht Club Costa Smeralda, Riccardo Bonadeo. “Quest'anno ricorre il decimo anniversario di Azzurra nella classe TP52 (...)”.
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28 feb 2020

Grandi artisti insieme al Festival Internazionale Teatro Romano Volterra e al Persio Flacco a sostegno di Volterra Capitale Italiana della Cultura 2021

Grandi artisti insieme al Festival Internazionale Teatro Romano Volterra e al Persio Flacco a sostegno di Volterra Capitale Italiana della Cultura 2021
Tra i primi sostenitori: Paola Gassman, anche “in omaggio a suo padre Vittorio”, Leo Gullotta, Massimo Wertmuller, Micha van Hoecke, Patrizia Ciofi, Fabio Armiliato, Isabel Russinova, Anna Teresa Rossini e Mariano Rigillo, Massimo Venturiello, Tato Russo, Aurelio Gatti    
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Himba.  Sulle tracce di un popolo dimenticato

Himba. Sulle tracce di un popolo dimenticato

Autore: Anonym/martedì 11 marzo 2014/Categorie: Attualità, Viaggi, Итальянский репортер

Il mondo occidentale, afflitto da una patologia come l’eurocentrismo, spesso fatica a comprendere quanta ricchezza si nasconda nella storia delle popolazioni e delle culture diverse dalla nostra. Tutto ciò accade in primo luogo con i popoli indigeni, ai quali a volte si negano non solo i diritti umani ma anche una buona parte della storia: quella che precede l’instaurarsi del regime europeo. L’uomo occidentale medio, influenzato ancora dal pensiero colonialista, possiede spesso un atteggiamento alquanto spregiativo nei confronti degli indigeni considerandoli, nella migliore delle ipotesi, poco moderni, se non addirittura primitivi. La determinazione a preservare l’identità etnica e il patrimonio culturale viene interpretata come incapacità di svilupparsi e ammodernarsi. In realtà anche i popoli tribali si evolvono nel tempo, adattandosi costantemente a un ambiente in perenne trasformazione, adattandosi alle condizioni della natura estremamente difficili.
La lista delle tribù native è veramente lunga e costituisce circa il 4% della popolazione mondiale.
L’Africa è l’unico continente dove tutti – ad eccezione dei bianchi sudafricani - sono indigeni. Nonostante il continente africano non abbia subito le massicce immigrazioni come accaduto in America, ha comunque assistito a un processo di europeizzazione, guidato dalle élites postcoloniali che hanno spinto i popoli che non hanno partecipato a questa evoluzione verso la marginalizzazione.

Gli Himba sono una popolazione seminomade che vive nel Kaokoland, in una delle regioni più selvagge e inospitali dell’Africa, nella Namibia settentrionale.
La zona di Kaokoland è separata dal mare dall’antico deserto Namib, che significa ‘scudo’. Nonostante sia arido e pericoloso, è stato proprio il deserto a proteggere la popolazione indigena dai tentativi di penetrazione nella zona da parte dei navigatori portoghesi centinaia di anni fa.
Una volta imparato a sopravvivere nel deserto, gli Himba hanno mantenuto lo stile di vita tradizionale per molti secoli.
Intorno alla metà del XVI secolo la popolazione Herero, gli antenati degli Himba si sono insediati in questa zona, dove erano rimasti fino a due secoli dopo, quando una parte di questa popolazione si spostò verso il centro della Namibia alla ricerca di terre più fertili. Quelli che erano rimasti nel Kaokoland diventarono Himba. Nella seconda metà del XIX secolo, spinti dall’invasione dei Nama, un’altra tribù della Namibia, fuggirono in Angola cercando la salvezza presso la popolazione Ngambwe, che ha dato loro il nome di ‘Ovahimba’, ‘il popolo che mendica’. Soltanto nel 1920 gli Himba tornarono nella terra d’origine, riportati dal loro capo di nome Vita.
È stata la divisione dai suoi antenati, il motivo per cui gli Himba hanno avuto scarsi contatti, nell’epoca coloniale, con gli europei i quali, come prima cosa, cercarono di coprire i corpi nudi di Herero. Ancora oggi le donne Herero portano lunghi abiti di crinolina indossati sopra una serie di sottane e copricapi triangolari tipici dell’epoca vittoriana.
Negli anni Ottanta gli Himba, devastati dalla grande siccità, cercarono rifugio a Opuwo, la vecchia base militare trasformata adesso in un centro abitato chiamato anche ‘la capitale degli Himba’. Molti di loro finirono nell’esercito o, peggio, precipitarono nell’alcolismo e nella prostituzione. Quelli che, invece, riuscirono a sopravvivere nei villaggi, continuano ancora oggi a praticare nomadismo pastorale adattandosi ai cambiamenti dell’ambiente circostante.

Elemento centrale dell’identità degli Himba è il loro legame con il bestiame che venerano e proteggono da generazioni. Sono, in primo luogo, allevatori di vacche e vitelli e poi di montoni. Il bestiame costituisce la vera ed unica richezza ed il suo possesso coincide con il concetto stesso di potere.
Le donne Himba sono famose per la loro bellezza. Hanno l’abitudine di spalmarsi sul corpo snello e grazioso una miscela di color ocra a base di burro ed erbe profumate. La stessa miscela ricopre anche i capelli legati in numerose treccine.
Il vestiario tradizionale per gli uomini e per le donne è rappresentato dal gonnellino di pelle di capra ombuku, che negli ultimi anni viene sostituito sempre più spesso con quello di tessuto.
Gli Himba vivono nei villaggi costituiti da capanne chiamate ondjuwo fatte di frasche con struttura di legno ricoperte di fango e sterco di vacca che le rende impermeabili.
Gli Himba sono uno dei rari gruppi etnici che ha la struttura sociale di doppia discendenza. Ciascun membro del gruppo appartiene contemporaneamente a due clan, quello patriarcale, chiamato oruzo e quello matriarcale eanda che significa origine. Per via materna si trasmettono la proprietà del bestiame e della terra e per la via paterna invece si trasmettono la residenza e l’autorità familiare.
I beni della società appartengono al gruppo intero e non esiste un capo in senso gerarchico che può disporre della terra o del bestiame a suo piacimento. In questo modo si crea una società egualitaria dove la proprietà è di tutti e di nessuno in particolare.
Lo sguardo fiero degli Himba conferma un’altra volta quanto sono consapevoli e orgoliosi della propria diversità.
Dopo un lungo passato pieno di lotte per la sopravvivenza, ancora oggi questo popolo si trova a fronteggiare il mondo esterno e la sua marcia verso la modernizzazione che cerca di convertire al consumismo tutto quello che trova lungo il percorso.
L’ultima minaccia per gli Himba risale alla fine degli anni Novanta quando il governo namibiano ha proposto la costruzione di una diga presso Epupa falls, un controverso sbarramento per la produzione di energia idroelettrica. La campagna di opposizione fondata dal capo Kapica e un gruppo degli ambientalisti è riuscita a salvare dalla distruzione i territori tribali.

La vita delle popolazioni indigene è estremamente legata alle loro tradizioni, e quando le tribù o i singoli membri abbandonano i loro villaggi spesso finiscono nella povertà, nell’alcolismo, o nella prostituzione come è accaduto con gli Himba negli anni ottanta.

Infine, senza che tutti per forza debbano ricorrere al sostenimento delle cause indigene, potrebbe essere utile forse prendere come esempio alcuni aspetti della vita dei nativi caratterizzata in primo luogo dall’esistenza della piena armonia e simbiosi con la loro terra. Quella dei nativi può quindi diventare una voce importante per la difesa della natura.


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8 apr 2024

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