it-ITen-USes-ESba-RU

Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza sequestrano beni per 13 milioni a fiancheggiatori di Messina Denaro

Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza sequestrano beni per 13 milioni a fiancheggiatori di Messina Denaro

Il provvedimento riguarda 4 capimafia già detenuti da agosto: si occupavano della “corrispondenza” del latitante

Autore: Redazione Aurora/venerdì 4 dicembre 2015/Categorie: Attualità, Italia, Sicilia

Operazione congiunta della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che hanno sequestrato beni per 13 milioni a fiancheggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro. Le Forze dell’Ordine hanno dato esecuzione ad un Decreto di Sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, dr.ssa M. Pino. La relativa richiesta è stata esperita dal Proc. Aggiunto dr.ssa Teresa Principato, ed dai Sostituti Procuratori dr. Paolo Guido e dr. Carlo Marzella della Procura della Repubblica di Palermo diretta dal Procuratore Capo dr. Franco Lo Voi, nei confronti dei patrimoni di Vito Gondola, di Mazara del Vallo (TP) classe 1938, allevatore, pluripregiudicato, reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo; Michele Gucciardi, di Salemi (TP), classe 1953, imprenditore agricolo, pregiudicato, reggente della famiglia mafiosa di Salemi; Giovanni Domenico Scimonelli, classe 1967, imprenditore, pregiudicato, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Partanna, Pietro Giambalvo, classe 1938, allevatore, pregiudicato, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Santa Ninfa (TP).
Tutti e quattro sono già detenuti perché destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla stessa Autorità Giudiziaria, lo scorso 3 agosto nell’ambito della cosiddetta “Operazione Ermes” per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa per aver agevolato la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Il Giudice ha emesso i provvedimenti di sequestro condividendo le risultanze delle approfondite indagini di natura patrimoniale condotte da investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo e del R.O.S. Reparto Anticrimine dei Carabinieri di Palermo. Il sequestro riguarda beni mobili, immobili ed aziende, site in Mazara del Vallo, Castelvetrano, Salemi, Partanna, Santa Ninfa e Trapani per un valore totale stimato in circa 13 milioni di euro. In particolare, nel dettaglio, si tratta di 8 aziende ed 1 quota societaria (supermercati, aziende agricole e d’allevamento ovino), 68 immobili (27 fabbricati e 41 terreni), 36 rapporti finanziari e bancari, 2 autovetture.
Le indagini patrimoniali hanno evidenziato il palese disvalore tra i redditi dichiarati dagli indagati ed i beni posseduti, per cui il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, si rendeva urgente e necessario anche al fine di scongiurare eventuali alienazioni a prestanomi o a terzi. Indagini recenti, infatti, avevano evidenziato che sia Vito Gondola che Giovanni Domenico Scimonelli, dopo essere stati tratti in arresto, avessero dato mandato ai loro congiunti di vendere parte dei propri beni ad altri soggetti proprio per evitare eventuali provvedimenti di sequestro.
I destinatari del provvedimento erano rimasti coinvolti nelle indagini svolte da investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, finalizzate alla cattura di Messina Denaro. Queste indagini avevano consentito di individuare, dai primi mesi del 2012 fino all’esecuzione dell’arresto, una rete di pizzini diretti al latitante o inviati da lui alle diverse famiglie mafiose della provincia di Trapani. Rete che si strutturava grazie a riservatissime comunicazioni tra uomini d’onore che, al fine di eludere le investigazioni, utilizzavano persone insospettabili per fissare discreti appuntamenti in isolatissimi luoghi delle campagne tra Salemi, Mazara del Vallo, Santa Ninfa e Partanna. In particolare, si evidenziava il ruolo fondamentale del Gondola in questa struttura (l’uomo era investigato anche dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri, le cui indagini contribuivano a rafforzare il quadro probatorio a suo carico). Al settantasettenne mazarese, come rilevato da intercettazioni, era stato attribuito il compito di gestire i tempi ed i modi di consegna e distribuzione della “corrispondenza” di Messina Denaro. Lo stesso capomafia mazarese aveva dovuto individuare dei “tramiti” (così denominava i soggetti di fiducia in scritti in precedenza sequestrati), di provata affidabilità per poter interloquire in maniera riservata con altri capimafia quali Gucciardi, Giambalvo e Scimonelli.
La trasmissione della “corrispondenza”, per quanto emerso, avveniva con cadenza trimestrale e con modalità dettate dallo stesso Messina Denaro, che per scongiurare i tentativi da parte degli investigatori di risalire alla filiera di trasmissione dei pizzini, evitava più frequenti contatti con i suoi accoliti. Lo scambio dei messaggi avveniva in aperta campagna, in occasione di incontri tra gli indagati che, pure in quei casi, usavano la massima accortezza nel linguaggio per riferirsi al latitante o alle azioni criminali di cui si parlava nelle direttive impartite nei messaggi.

Copyright 2015 Aurora International Journal - Aurora The World Wide Interactive Journal. Vietata la riproduzione anche parziale dei presenti contenuti

Numero di visite (13180)/Commenti (0)

Redazione Aurora

Redazione Aurora

Altri post di Redazione Aurora

Archivio