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La sposa e i suoi carnefici, al Teatro Romano di Volterra, tra lirica e prosa

La sposa e i suoi carnefici, al Teatro Romano di Volterra, tra lirica e prosa

Simone Migliorini e Patrizia Ciofi protagonisti dell’originale produzione che chiude il XV Festival Internazionale

Autore: Redazione Aurora/domenica 6 agosto 2017/Categorie: Attualità, Teatro, Italia, Toscana

“Da tempo cercavo di capire come poter ‘contaminare’ in un’unica produzione l’Otello di Shakespeare con l’Otello di Verdi e perché no, con l’Otello di Rossini: un’idea che mi porto dietro da molti anni”. Così Simone Migliorini, attore, regista, spiega la genesi di La Sposa e i suoi carnefici, su musiche di Bellini, Gounoud, Donizetti, Verdi. L’originale produzione che si sviluppa sui linguaggi della lirica e della prosa, vede protagonista e regista lo stesso Migliorini insieme alla soprano Patrizia Ciofi; al pianoforte Laura Pasqualetti. Lo spettacolo, in scena martedì 8 agosto (ore 21:30) al Teatro Romano di Volterra, è inserito nel programma del Festival Internazionale.

“Tutto è nato per caso, quando, sempre con la testa tra le nuvole – prosegue Migliorini – mi sono imbattuto in una stella della lirica mondiale come Patrizia Ciofi. Così, parlando di cose fatte e da fare, abbiamo deciso di realizzare un recital che avesse una tematica ben precisa e che poi si dipanasse tra arie cantate e brani recitati.
A Natalia di Bartolo, critica musicale, da sempre collaboratrice del Festival Internazionale è venuta l’idea di La Sposa e i suoi carnefici, una produzione che riunisse tre tra le più importanti eroine del teatro e della letteratura ‘tradotte’ in opera, vittime, chi del padre, chi del fratello, chi del marito: Giulietta, Lucia di Lammermoor e Desdemona”.
“Non è stato un lavoro semplice da realizzare – prosegue il protagonista - non è un recital di arie o un recital di prosa ma uno spettacolo in cui i singoli brani interagiscono tra loro”.
“Per me – prosegue - le grandi difficoltà sono state quella di riuscire a mantenere nella recitazione il grande pathos che solo il canto riesce a trasmettere al pubblico, e quella di riuscire ad interpretare alcuni brani che i librettisti hanno scritto per il canto e non certo per la prosa. Vero è che esiste una tradizione italiana del recitare in versi, molto in voga nell’Ottocento e ormai dimenticata. Pochi ricordano autori come Carlo Marenco o Pietro Cossa, che ho studiato insieme ai più grandi come Alfieri. Forse oggi più che mai potrebbe esserci una necessità di provare a ripristinare il verso. Anche Eliot sosteneva che il mezzo più naturale per la poesia fosse il teatro.
Tra Patrizia Ciofi e me è nata subito un’empatia umana e artistica e, per me, è stato un grande onore poter lavorare al suo fianco”.


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