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GANGSTER ALLA CORTE D’INGHILTERRA

GANGSTER ALLA CORTE D’INGHILTERRA

Atmosfere buie e fumose e…. tanti bicchieri di whisky nel “Riccardo III” trasportato negli anni Quaranta – Massimo Ranieri primattore di alto livello e dirige una compagnia di ottimi professionisti della scena

Autore: Anonym/martedì 28 ottobre 2014/Categorie: Attualità, Teatro, Italia, Toscana

In “Riccardo III” Massimo Ranieri, professionista di ferro, conferma di saper passare con disinvoltura e con uguale meticolosa efficacia da un tipo di spettacolo all’altro, dai suo recital cantati (e non solo) come “Canto perché non so nuotare” e “Sogno e son desto” al varieté-avanspettacolo napoletano resuscitato di “Viviani varietà” a questo Shakespeare storico, recitato con esiti di assoluta dignità artistica. Il suo è un Riccardo pienamente all’altezza, “scientifico” e disilluso nel delitto e nella criminosa conquista del potere, con un velo di sottile ironia. Da regista ha avuto l’intelligenza di fare del dramma – più del solito – un ben congegnato meccanismo corale, in cui tutti i 15 interpreti hanno un ruolo - ciascuno a suo modo – determinante. Ricordiamo quanto meno la statura d’attore del Buckingham di Paolo Lorimer, la magnifica, incisiva e tragicissima Duchessa di York di Carla Càssola, l’autorevole Hastings di Paolo Giovanucci, e poi Edoardo Vandelli, Gaia Bassi, Margherita Di Rauso, Antonio Rampino, Federica Vincenti. Il personaggio del protagonista, qui, è un “primus inter pares”, e non un mattatore incontrollabile e assoluto. Semmai, l’atmosfera fumosa e tenebrosa – in bianco e nero – da film noir d’epoca, tra sigarette e drink a gogò, non regge per l’intera durata (2 ore e 45’) dello spettacolo: nella parte finale, quando il clima della vicenda si fa più guerresco e, quindi, più medievale, l’equilibrio della rilettura scenica sembra rompersi, e la parte finale ha un che frettoloso, di disorganico (come se l’adattamento e il taglio del testo non fossero ben riusciti). Da segnalare anche la scenografia – una sorta di cilindro rotante che si apre e chiude - di Lorenzo Cutuli e le musiche Vip di Ennio Morricone: una partitura suggestivamente varia, che passa da tamburi di sapore guerresco ed arcaico ad appassionati toni da “colonna sonora” melodica e d’effetto, a sonorità da musica colta “d’avanguardia” anni Trenta-Quaranta (e del resto Morricone nasceva musicalmente in quei decenni avviandosi ad una carriera di compositore ‘colto’). 


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