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Piero Mancuso, per la seconda volta Presidente della BCC di Paceco

Piero Mancuso, per la seconda volta Presidente della BCC di Paceco

Autore: Rita Sanvincenti/lunedì 20 maggio 2013/Categorie: Attualità, Italia, Sicilia

Per la seconda volta eletto Presidente della Banca di Credito Cooperativo Sen. Pietro Grammatico di Paceco – Trapani, Antonino (Piero) Mancuso è l’undicesimo dalla fondazione della banca nel 1915, dopo il primo mandato che ha avuto inizio nel 2011, durante il quale fortissimo è stato l’impegno a sostegno delle famiglie e delle aziende presenti sul territorio. Da ricordare l’intervento che ha reso possibile alle piccole medie imprese la partecipazione al Fancy Food 2011 di Washington, di concerto e con il contributo del Comune di Paceco. Altrettanto importanti sono stati i convegni e le occasioni di incontro finalizzate ad acquisire gli strumenti per cogliere le opportunità presenti sui mercati internazionali così come quella della certificazione Kosher, colta immediatamente da qualche azienda del territorio. Mancuso si è ufficialmente insediato il 5 maggio a capo del nuovo Consiglio di Amministrazione composto dal Vice Presidente Vicario Guido Abbate, Vice Presidente Claudio Bianchi, dai Consiglieri Francesco D’Agate, Salvatore Castiglione, Salvatore Scarcella, Vincenzo Scavuzzo, Giuseppa Milana, Giuseppe Incandela; mentre il nuovo Collegio Sindacale è presieduto da Vincenzo Barraco e composto da Giuseppe Cognata, Salvatore Piacentino.

Presidente Mancuso, quali sono in questo particolare momento le priorità della Banca di Credito Cooperativo Sen. Pietro Grammatico di Paceco sotto la sua guida?
Sono quelle di aiutare le famiglie e le imprese in un periodo così difficile quale quello che il nostro Paese sta attraversando, nel quale hanno bisogno di trovare un interlocutore che capisca i loro problemi e i loro disagi. Il valore aggiunto della nostra Banca è quello del rapporto con le persone: la centralità dell’individuo – che per noi non è un numero - è molto importante.

Questa è la vostra filosofia?
Sì, è sempre stata la filosofia che ha distinto le nostre azioni, e tale continuerà ad essere nonostante l’interfacciamento con le regole bancarie che ci impongono situazioni di maggiore rigore. Noi svolgiamo una azione di cuscinetto tra le esigenze della società, dell’economia reale delle famiglie e le regole bancarie.

Quali sono i principi che regolano le vostre azioni?
Noi abbiamo svolto la nostra azione in linea con la mission del nostro statuto e con i valori di riferimento del Credito Cooperativo che sono quelli che risalgono alla sua fondazione, agli inizi del Novecento, con le problematiche molto complesse delle lotte contadine che combattevano l’usura e che si ricollegavano al riscatto sociale dei contadini stessi i quali erano in una condizione di grande disagio. Oggi le condizioni sono un po’ diverse da certi punti di vista, anche se si sta ritornando alle condizioni di base che hanno ispirato la nascita della Cooperativa agli inizi del Novecento, perché la situazione di disagio economico nella quale versa attualmente il Paese, sta facendo rientrare in una condizione di grande disagio le famiglie e le imprese che falliscono perché lo Stato non paga: questo è un bruttissimo segnale.

Quindi qual è la linea giusta da tenere?
Le situazioni di crisi richiedono maggiore attenzione e interesse perché dalla crisi si esce e si può uscire rafforzati se si riesce a governare il cambiamento. Ciò significa stare in linea con tutti i processi che vengono aggiornati quotidianamente: dalle nuove norme alla società che cambia. Occorre percepire questi mutamenti, saperli interpretare e definire i nuovi processi in tempo utile.

Operativamente la Banca quali strategie mette in atto?
Il problema riguarda le strategie e le contraddizioni delle regole bancarie imposte dall’Eba, European Banking Authority, ente regolatore del sistema bancario, che definisce i coefficienti patrimoniali maggiori per le banche che sostengono l’economia reale e minori assorbimenti per le banche che sviluppano di più l’area finanza con tutto quello che ne è derivato nel tempo.

I derivati?
Sì, naturalmente. Questi derivati assorbono minori capitali, mentre noi che privilegiamo e sosteniamo l’economia reale con le famiglie e le imprese, abbiamo delle percentuali di assorbimento patrimoniali di gran lunga maggiori. Il sistema bancario per evitare di ripatrimonializzarsi (partecipare con nuove quote di capitale), diminuisce gli attivi bancari. Gli attivi sono composti dagli impieghi alle famiglie e alle imprese, e dall’area finanza. Poiché gli assorbimenti patrimoniali gravano di più sui finanziamenti fatti alle imprese e alle famiglie, chiudendo il rubinetto del credito, riducendo gli impieghi alle famiglie e alle imprese, si ottengono quote di patrimonio libero, però si hanno minori ricavi e quindi si crea personale dipendente in esubero.
L’altro aspetto importante è quello dei crediti deteriorati come ad esempio, rate non pagate dopo 90 giorni, che vengono classificate come deteriorate e assorbono, anziché il 75%, il 150% del patrimonio. Materialmente una famiglia che non ammorta regolarmente il proprio debito ma comunque lo paga, sia pure con un ammortamento irregolare, assorbe maggiore patrimonio e finisce nella black list perché viene considerata inaffidabile, anche se nel tempo ha comunque estinto il debito. Ebbene queste famiglie rischiano di essere escluse dal sistema bancario perché non ottengono più credito dalle banche.

Cosa occorre fare per risolvere questo problema e uscire da questa situazione?
Noi dobbiamo combattere l’esclusione finanziaria per non correre il rischio che queste famiglie siano costrette a rivolgersi agli usurai. Così ci troviamo poi a combattere l’usura: ma è il sistema bancario a creare le condizioni perché questo si verifichi con l’espulsione di questi soggetti dal sistema bancario stesso. Il problema delle black list che segnalano i pagamenti irregolari, sono un grandissimo errore, ma soprattutto lo sono gli assorbimenti patrimoniali penalizzanti per le famiglie e le imprese che pagano in ritardo, e che le banche sono costrette ad applicare.
La banca preferisce aumentare il portafoglio finanza che ha un assorbimento patrimoniale di gran lunga inferiore, mentre non ha interesse ad erogare il credito alle famiglie e alle imprese più deboli che assorbono maggiore patrimonio. Questa logica non può essere condivisa in una fase recessiva come quella in cui ci troviamo; potrebbe esserlo in una fase di crescita economica, perché diversamente si genera un avvitamento negativo. Noi condanniamo questa logica e queste regole - lo dichiariamo apertamente - perché privilegiano la finanza speculativa e non l’economia reale.

Quale è il messaggio che lei intende lanciare a favore dell’economia reale per salvare le famiglie e le imprese?
Il problema è sempre quello dell’esclusione finanziaria. Parliamo spesso di esclusione sociale e non ci accorgiamo che ne creiamo una uguale nei confronti delle famiglie che hanno un ritardo nei pagamenti: vi sono, infatti, anche famiglie che hanno un lavoro stagionale e che vengono invece trattate come le altre. Così, anche lo Stato che paga in ritardo condiziona l’impresa che a sua volta paga in ritardo: questo è un altro fatto che dovrebbe essere adeguatamente valutato e tenuto nella dovuta considerazione, mentre attualmente viene considerato una passività deteriorata.
Si tratta di un meccanismo molto complesso ma è tutto legato ad un maggiore assorbimento patrimoniale per l’economia reale, mentre l’attività finanziaria, anche speculativa, ha assorbimenti patrimoniali molto più leggeri. Occorre cambiare queste regole e dare maggiori assorbimenti patrimoniali alla finanza speculativa delle banche e minore assorbimenti all’economia reale, cioè ai finanziamenti fatti alle famiglie e alle imprese. Questo è il messaggio che deve essere veicolato.


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