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Michele Palmieri di Micciché: la vita avventurosa di un intellettuale villalbese

Michele Palmieri di Micciché: la vita avventurosa di un intellettuale villalbese

Il 3 novembre di 224 anni fa la nascita di uno scrittore amico di Mazzini, Dumas e Stendhal

Autore: Anonym/lunedì 4 novembre 2013/Categorie: Attualità, Italia, Sicilia

Il 3 novembre 1779 nasceva a Termini Imerese uno scrittore profondamente legato a Villalba e destinato a diventare un irrequieto giramondo, amico di Mazzini, Dumas e soprattutto di Stendhal. Nella vita di questo personaggio ci sono tutti gli ingredienti per un moderno romanzo d’appendice: l’uomo di cui stiamo per parlare è Michele Palmieri di Micciché marchese di Villalba.

Michele Palmieri (o Palmeri) fu uno scrittore, poeta, militare, nobile, liberale e carbonaro villalbese. Per tutta la sua vita visse senza un soldo in tasca e grazie alla compassione di qualche parente o protettore che pagò i suoi frequenti debiti di gioco. Era consapevole della negatività del duello, ma il suo temperamento caldo e il suo carattere irrequieto mai lo tennero lontano dalla sfida all’ultimo sangue, che, va detto, sebbene fosse nobile per censo si dimostrò ancor più nobile d’animo nel lanciare la sfida a singolar tenzone. Gli annali sulla sua vita ricordano diversi duelli, tra cui la sfida che lanciò al cavaliere Inguaggiato, feudatario, che durante un ballo di carnevale a Palermo derideva i contadini delle sue terra per la loro ignoranza. Tanto bastò per sfidarlo e schierarsi al fianco degli ultimi. 

Non ebbe un’infanzia facile. Da giovane scapestrato qual era, in perenne cerca di denaro, con un mulo affittato a Caccamo si diresse alla volta di Villalba, dove la famiglia, presso il casale “la Robba”, aveva grandi magazzini colmi di grano, per (di fatto) derubare suo padre. Una volta arrivato in paese prese in affitto una ventina tra asini e muli e si diresse verso i granai per far caricare quelle bestie allo scopo di vendersi il bottino una volta tornato a Palermo. Faccia a faccia con il magazziniere, Michele fingeva temerarietà e il vecchio custode, ancora più astutamente, finse pietà per evitare le pene, la perdita del lavoro o della vita stessa una volta venuta a galla la truffa ai danni del padre. Epilogo grottesco e divertente: Michele se ne tornò indietro con tanto grano quanto ne bastò per pagare l’affitto del suo mulo e pagarsi le spese di viaggio. L’episodio, però, arrivò ugualmente alle orecchie del padre che non ne rise per la bravata e lo spedì alla “Quinta-casa”, ovvero una casa di correzione dove monaci e suore lo prendevano a nerbate per piegarlo all’obbedienza e al rispetto del genitore. Fu utile? A quanto pare no, perché Don Michele fu spesso “ospite” del carcere di Castello-a-Mare e non solo in quello. 

Nel 1806 si diede alla vita militare, indossando la divisa dell’esercito inglese per difendere re Ferdinando (e per evitare il carcere), ma indisciplinato com’era non ottenne mai grandi successi di battaglia, anzi notando la politica antisiciliana del suo sovrano divenne antiborbonico, lui, un nobile siciliano, contro la sua stessa stirpe, scelta forse anche dettata dai suoi interiori dissidi familiari. Infatti, in vita si schierò sempre da parte dei contadini e dei più deboli, probabilmente anche a causa dell’astio nei confronti della sua famiglia dalla quale ereditò ben poco. Una seconda volta indossò la divisa inglese, nel 1813, stavolta in Spagna, e se la prima volta divenne antiborbonico, questa seconda esperienza lo portò ad essere anti-inglese, perché ebbe modo di vedere il doppiogioco dei britannici che segretamente sostenevano Ferdinando il Borbone, e li tacciò d’ipocrisia, come si afferma nel vol. I del libro Villalba. Storia e Memoria di Luigi Lumia. Cambiano i tempi e i luoghi, ma la politica dell’affare non cambia mai. 

Politicamente fu inviso al Regno, tant’è che ne fu espulso. Viaggiò per mezza Europa e nel novembre degli anni ’20 dell’800 giunse in Francia, politicamente e socialmente anche lì non era ben visto, il governo di Napoli vietò il suo ingresso in patria, conobbe la galera a Bruxelles per debiti di gioco, e non mancarono nemmeno rapporti della polizia francese e lettere borboniche con la dicitura “Riservatissima” che lo citano come autore di intrallazzi cospiratori, intrighi politici e legami di fratellanza con la Carboneria, non particolarmente infondate, in quanto, Michele riceveva da Marsiglia numerose lettere di Giuseppe Mazzini che lo invitavano a denunciare l’ambiguità politica della Francia nei confronti dell’Italia. 

Michele Palmieri sia in Sicilia, in Italia che all’estero fece sempre vita mondana, fu un instancabile donnaiolo, ebbe le porte aperte in tutti i migliori salotti d’Europa in quanto intellettuale fine e uomo dai racconti affabulatori. Infatti, spesso ebbe modo di raccontare e di mettere nero su bianco del favoloso “castello di Villalba”, che altro non era che la Robba; e per la prima volta in assoluto dagli accurati studi del villalbese Prof. Antonio Guarino è emerso che quel “castello” è stato protagonista d’un curioso, quanto ormai prescritto, caso di plagio ai danni di Michele da parte dell’autore de I tre moschettieri Alexandre Dumas (padre) che in seguito fece apparire quell’aneddoto, verbatim, sulle pagine del suo libro Il brigante siciliano. Non gli mancarono amicizie illustri, infatti nella casa parigina della famosissima cantante Giuditta Pasta conobbe Stendhal, di cui divenne amico e con cui scambiò una fitta corrispondenza: ne nacque una amicizia sincera e anche una fonte d’ammirazione per l’autore francese, come lui stesso ammise. E a riprova, Leonardo Sciascia nel suo saggio L’adorabile Stendhal sottolinea e dichiara testualmente quanto Palmieri fu fonte d’ispirazione, fino ad affermare che il XX capitolo de La Certosa di Parma sia stato influenzato dal nobile villalbese. 

Serve a ben poco, a questo punto, sottolineare che il nostro notabile villalbese fu una penna raffinata, fine cronista e fantasioso scrittore di testi in lingua francese: tra i suoi libri attualmente semidimenticati troviamo Pensée*, Moeurs; scrisse inoltre: Le Duc d’Orléans, A chacun selon sa capacité. In queste due opere Michele accusava il duca d’Orléans Luigi Filippo di tradimento in quanto doppiogiochista e poco deciso a liberare l’Italia dal dominio austriaco e papale; Le Nouveau Gargantua e Les Carbonari. Questi solo alcuni dei titoli.

La vita di Michele Palmieri racchiude molti aneddoti, alcuni coraggiosi altri fatti con ingenuità, tanti curiosi e divertenti, i più memorabili, in quanto fu un precursore del progresso a venire, fu un illustre uomo laico del suo tempo e negli ultimi anni della sua vita un alone di malinconia si adagiò su di lui, come spesso capita agli eroi del romanticismo. Nel 1860 quando arrivò Garibaldi in Sicilia, Michele ebbe l’onore di incontrarlo e di fargli un reclamo riguardante una pensione che aveva ottenuto anni prima e che lo stesso Eroe dei Due Mondi gli aveva fatto togliere con il dubbio d’esser stata ottenuta grazie a dei servizi di spionaggio per il governo borbonico. Garibaldi gli fece ridare quel vitalizio (minore di quanto Michele pretendesse) e quattro anni dopo, a Palermo, precisamente in Via Divisi, nella casa del nipote Salvatore Palmeri e Mantegna – come ci ricorda il discendente marchese Salvatore Palmeri di Villalba –, assistito dalla sorella Maria, moriva Michele Palmieri di Micciché marchese di Villalba. Era il 9 febbraio 1864. 

La vita di quest’uomo fu messa nero su bianco nella brillante e ben fatta monografia scritta dal Prof. Nicola Cinnella intitolata “Michele Palmieri di Micciché” (Sellerio, 1976) tanto unica quanto ormai introvabile. 

A 234 anni dalla sua nascita e a 149 dalla sua morte, quell’uomo, che visse 84 anni di avventure, oggi è semidimenticato, avvolto da una nube di fascino nascosta che attende d’essere riaperto per permettere ai posteri di conoscere il suo (e il nostro) passato – e perché no! – per fornire un esempio volto verso un futuro che miri in alto, molto in alto, ad una laicità culturale che riesca a riportare in auge la memoria di un uomo che visse nella Storia, che aveva dei valori solidi, che conobbe le migliori menti del suo tempo, che sfidò la casta e il potere. Questo personaggio è un tesoro nascosto e allo stesso tempo è a portata di mano, basta soltanto comprendere come poter usufruire della sua eredità culturale.

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I titoli delle opere sono stati abbreviati volutamente per rendere più fluente la lettura. Qui sono riportati integralmente e tradotti:
“Pensée et souvenir historique et contemporains” (Pensieri e ricordi storici e contemporanei, 1830); “Moeurs de la cour et des peuples des Deux Siciles” (Costumi della corte e dei popoli delle Due Sicilie, 1837 edito da Longanesi nel 1987); 
“Le Duc d’Orléans et les émigrê français en Sicile, ou Italiens Justifiés” (Il Duca d’Orléans e i francesi emigrati in Sicilia, o gli Italiani Giustificati); 
“A chacun selon sa capacité, à chaque capacité selon ses oeuvres, ou le Faux doctrinaire et le liberal” (A ciascuno secondo le sue capacità, a ogni capacità secondo le sue opere, o il Falso dottrinario e il liberale); 
“Le Nouveau Gargantua, vieux manuscrit italien anonyme, trouvé dans le fossés des Tuileries, contenant une esquisse biographique et un drame” (Il Nuovo Gargantua, vecchio manoscritto italiano anonimo, trovato nei fossati delle Tuileries, contenente un profilo biografico e un dramma); 

“Les Carbonari, ou Naples en 1821, drame historique en 5 actes et en prose, avec un choeur de carbonari, précédé d’une notice historique” (I Carbonari, o Napoli nel 1821, dramma storico in 5 atti e in prosa, con un coro di carbonari, preceduto da una notizia storica).


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