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“I VOLTI DELL’ALIENAZIONE”, UNA MOSTRA PER LA CHIUSURA DEGLI OPG

“I VOLTI DELL’ALIENAZIONE”, UNA MOSTRA PER LA CHIUSURA DEGLI OPG

A Milano, Firenze e Roma le opere che l’artista Roberto Sambonet realizzò negli anni Cinquanta in un grande manicomio del Brasile

Autore: Anonym/lunedì 15 dicembre 2014/Categorie: Attualità, Arte, Italia, Toscana, Lazio

1948: il ventiquattrenne Roberto Sambonet, brillante artista già pienamente affermato – nato a Vercelli, vive a Milano dove fa parte del gruppo dei Picassiani (con Morlotti, Cassinari e Treccani) – si trasferisce per qualche anno in Brasile con la moglie, che è appunto brasiliana. Nel grande Paese sudamericano Sambonet collabora con il Museo de Arte di San Paolo, e fa amicizia con Edu Machado Gomes, direttore del manicomio di Juqueri, che conta 15.000 internati. Sambonet si reca, per qualche tempo, nell’ospedale psichiatrico dove realizza numerosissimi ritratti degli internati: disegni soprattutto a china o a carboncino. Alcune di queste opere sono raccolte ora nella mostra itinerante “I volti della alienazione”, curata da Franco Corleone, ex parlamentare, ex sottosegretario alla Giustizia, Garante dei diritti dei detenuti per la Regione Toscana, e da Ivan Novelli, uno tra i fondatori della Società della Ragione, che si occupa delle questioni del carcere e della giustizia. L’esposizione, che è stata presentata a Milano ad ottobre (alla Fabbrica del Vapore), è ora a Firenze, fino al 18 dicembre, in un’ala dell’ex manicomio di San Salvi: dal 24 marzo sarà a Roma, al Museo di Trastevere. La mostra fa parte della campagna nazionale per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, che dovrebbe essere definitiva il 31 marzo 2015 (non è escluso, però, uno spostamento della scadenza, come è già avvenuto in passato).
“Luoghi orrendi, non degni di un Paese appena civile”, definì gli Opg, in un messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: strutture in cui si perpetuano ancora oggi un’idea e una pratica di reclusione, di “punizione”, di disumanizzazione degli internati. La stessa logica dei “vecchi” manicomi, contro la cui realtà costituisce un messaggio assolutamente attuale, a settant’anni di distanza, proprio la serie di lavori artistici di Sambonet. Quella dell‘artista, poi grafico e designer, scomparso a Milano nel 1995, è una drammaticissima panoramica di volti e di corpi devastati, sconvolti - in maniera irrimediabile e allucinante - dalla follia, ma anche dalla condizione disumana in cui si trova e trovava chi, per effetto della malattia psichiatrica, è escluso irreversibilmente da tutto, è allontanato dalla società, confinato in una non-vita. E’ lo strazio del grido, delle cure che distruggono l’anima e il fisico, che esplode in queste immagini, alternandosi ad una carrellata, bizzarra ma ugualmente inquietante, di figure che sembrano appartenere ad un’umanità parallela, “altra”. Alfieri – sia pure involontariamente – di una diversità radicale e in qualche maniera alternativa: con facce e corpi deformati in ghigni e pose grotteschi, o tragicamente beffardi, buffi.
Nelle figure degli internati di colore - siamo in Brasile – sembrano assommarsi le conseguenze di due dolorose, distruttive emarginazioni: quella come “folli” e quella di genere razziale.
“La mostra – ha dichiarato Franco Corleone alla presentazione avvenuta a Firenze, in Consiglio regionale – vuole essere un richiamo alla responsabilità umana e civile, un tentativo di unire cultura e politica”. La Toscana, in particolare, per Corleone, deve accettare “una sfida difficile ma esaltante, di esser cioè la prima regione a chiudere comunque il monumento più duro dell’istituzione totale, il manicomio criminale, l’OPG, di Montelupo Fiorentino”. Contra la cui realtà continuano ad arrivare tuttora innumerevoli di denunce da singoli e associazioni impegnate nella battaglia per i diritti.



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