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La poesia, il canto, la danza: in scena i detenuti delle sezioni di Alta sicurezza

La poesia, il canto, la danza: in scena i detenuti delle sezioni di Alta sicurezza

Nella Casa di reclusione di San Gimignano, “Evasioni”, realizzato dal regista francese Philippe Talard

Autore: Anonym/mercoledì 11 giugno 2014/Categorie: Attualità, Teatro, Toscana

Alfredo T., Giuseppe P., Francesco S., Wadii B., Mario T., Davide S., Pietro D., Giuseppe C., Sabino E., Vincenzo G., Salvatore A., Johnny B., Antonio A., Vincenzo D., Giuseppe C., Arcangelo M., Enzo M., Sebastiano B., Antonio I., Michele E., Giovanni P., Federico A., Vittorio S., Domenico G., Pasquale S., Maurizio G., Antonio B., Giuseppe D., Hichem A., Giovanni M., Luigi V., Antonio M., Giovanni S., Mirko T.. Entrano nello spazio scenico – all'aperto – come venendo da lontano, in un cammino in cui portano sé stessi, la loro anima, le loro vite ferite, sulle note del tema del film "C'era una volta in America". Entrano tutti insieme nel gioco (usiamo il termine non a caso) dello spettacolo creato per loro e su di loro da Philippe Talard: un'altra tappa del progetto internazionale "Evasioni", che l'artista di teatro francese sta realizzando in giro per l'Europa esclusivamente nelle carceri. Ora è approdato – dopo Lussemburgo, Marsiglia, Roma, Berlino, Ostrava e Firenze-Sollicciano – alla Casa di reclusione di San Gimignano, sempre pensando, come scrive nel programma dello spettacolo, che "evadere non significa lasciare un luogo ma lasciare se stessi". Gli attori che partecipano all'evento di San Gimignano, insolitamente realizzato all'aperto, nell'ampio spazio del campo di calcio (regolamentare) del carcere, facendo perno su una vasta struttura che serve da scenografia praticabile, sono detenuti della sezione di Alta sicurezza, quasi tutti condannati con pena definitiva. Come già a Sollicciano, Talard, assistito dall'esperta Andrea Baker, li fa interagire in scena con artiste professioniste: in questo caso due attrici (Laura Bandelloni e Irene Barbugli) e due ballerine (Ana Arroyo e Patrizia De Bari). Abbiamo parlato di "gioco": dalle intonazione e dai registri diversi, anche lirico, o fortemente drammatico, oppure ironico, scherzoso, leggero come una complicità profonda che si crea tra le ragazze e i loro partner di scena. Il linguaggio teatrale di Talard è un linguaggio "totale": nello spettacolo si accostano parentesi recitate, danzate, cantate, frammenti di testi di Jean Genet – che il carcere, vero o trasfigurato in un sontuoso e corrusco immaginario – lo prediligeva, per averlo anche conosciuto direttamente. La scelta di lavorare all'aperto riduce il peso della componente visuale, tra luci ed immagini sceniche, che era preponderante nell'"Evasioni" di Sollicciano, di forte suggestione. Ma anche qui non mancano momenti di grande effetto, come quelli, struggenti, in cui i detenuti cantano, una canzone della loro terra del Sud ("Tu ca nun chiagne") o l'"Ave Maria", che si affiancano a quello in cui i detenuti si fanno ammirare per la capacità di interpretare coreografie gestuali e danzate collettive anche complesse ed elaborate. Le musiche passano dai travolgenti Tamburi del Bronx al "Va' pensiero" (sulle cui note ragazze e carcerati danzano un poetico valzer), dal "Lascia che io pianga" di Haendel a "Sikr" di Armand Amar. E sempre la colonna sonora è elemento drammaturgico essenziale e fondante del discorso scenico.
Due repliche per gli altri detenuti (che hanno riso e applaudito i compagni con particolare entusiasmo e calore, con simpatia e risate – perchè questo "Evasioni" è spesso anche molto divertente), poi tre per il pubblico, prima del tramonto. Infine l'ultima rappresentazione, al mattino, per i parenti, venuti da lontano a commuoversi vedendo in scena i loro cari di cui sono irreparabilmente e dolorosamente privati.


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