È Pablo Vargas Lugo, l’artista selezionato per rappresentare il Messico alla 58ª edizione della Biennale di Venezia che verrà inaugurata l’11 maggio e che resterà aperta fino al 24 novembre. Prodotta in collaborazione con il Governo di Coahuila, il cui Ministero della Cultura, attraverso l’Istituto Nazionale delle Belle Arti e della Letteratura (INBAL) l’ha selezionata, Actos de Dios è rappresentativa del linguaggio artistico che Vargas Lugo – nato nel 1968 a Città del Messico, dove ha studiato arti visive alla Escuela Nacional de Artes Plásticas dalla Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM) - è solito utilizzare. L’artista messicano ricorre ad elementi propri di discipline diverse come ad esempio l’astronomia, la cartografia, l’archeologia per realizzare, nelle sue produzioni artistiche giochi visivi e concettuali che mostrano una riflessione sull’immediatezza della percezione, sulle convenzioni della comunicazione e sull’immaginario culturale.
Actos de Dios, video installazione curata da Magalì Arriola, parte dal linguaggio cinematografico per esprimere la riflessione dell’artista sul concetto di fede come credo religioso e sul modo in cui le convinzioni di ognuno si riflettono, quando non sono distorte e strumentalizzate, nel discorso politico e in quell’immaginario culturale sul quale si estendono l’attenzione e l’interesse di Vargas Lugo.
L’intento della curatrice è quello di “dialogare” con la Biennale, intitolata quest’anno May you live in interesting times, ed esaminare come valutiamo le nostre azioni e le connessioni che stabiliamo tra il mondo naturale, il tempo geologico, le scelte morali e le aspirazioni di redenzione.
La prospettiva di carattere religioso, centrale dell’opera, la rende di grande attualità non solo socio-culturale, ma anche politica. Secondo Pablo Vargas Lugo, Actos de Dios è un’opera che diventa rilevante in una situazione in cui la presenza della religione nella sfera pubblica è forte e in cui il discorso religioso è diventato un segnale privilegiato di identificazione per giustificare posizioni nazionaliste e settarie”.
L’opera prende la forma di due film di circa di 20 minuti ciascuno che, come due ingranaggi, s’incastrano grazie ad alcuni elementi iconici condivisi e facilmente identificabili, ma che si riorganizzano in ciascun nastro in una sequenza narrativa differente.
Alla presentazione dell’opera a Città del Messico, al Palacio de Bellas Artes, l’artista aveva sottolineato che Actos de Dios parte dall’ipotesi di quello che potrebbe accadere se si potessero reinterpretare il Nuovo Testamento o i Vangeli.
“Come artista – ha dichiarato – mi interessava in primo luogo esaminare questa storia perché è parte del linguaggio artistico della tradizione occidentale e perché ritengo che, come creativi, abbiamo un mezzo che ci permette di introdurre una serie di elementi, in modo molto naturale, alle narrazioni, che vengono caricate di tempo e significati come il linguaggio cinematografico”. Attraverso di esso, ha aggiunto, "si introducono e si mescolano elementi come le scene, i costumi, l’impostazione recitativa, la fisicità, il tono di voce, gli idiomi che conferiscono un nuovo significato ad una serie di aspetti del testo che potrebbero sembrare perfettamente delimitati e diventare canonici, con interpretazioni corrette e non corrette. La base del progetto è la messa in scena di questa storia in modo che ci permetta di riorganizzarla, di ottenere letture alternative e, se possibile, nuovi insegnamenti, che ci tolgano dall'inerzia dei nostri pensieri sui bisogni della vita eterna e sulla salvezza".
L’installazione video, spiega la curatrice Magalì Arriola, offre nuove prospettive ad una narrazione che è stata già elaborata in più occasioni. "Oltre a contestualizzare il pezzo in termini religiosi – dichiara - è una narrazione che ci tocca tutti a livello di società e individualmente e che ha influenzato molti Paesi nel corso del tempo".
Tutte le riprese per la produzione di Actos de Dios sono state realizzate a Cuatro Ciénegas e nei dintorni, grazie al sostegno del governo dello Stato di Coahuila e di altre istituzioni pubbliche e private.
Da sottolineare il fatto che, in dodici anni di presenza alla Biennale di Venezia, nella rappresentazione del Messico, per la prima volta è protagonista un'area naturale protetta come Cuatro Ciénegas. Oltre a contribuire al decentramento della produzione artistica all’interno del Paese, questa scelta evidenzia l'importanza della conservazione e della riflessione sulla sua biodiversità, adottando e mantenendo l'impegno del governo federale per la promozione e la diffusione, anche al di là dei confini nazionali, del lavoro dei suoi artisti.
Attraverso di essi, infatti, il Messico si è inserito nel dialogo internazionale delle arti, dimostrando la sua posizione di rilievo nella trasmissione di idee che promuovono eventi sociali e aprono ponti di collaborazione in un quadro di interculturalità.
Pablo Vargas Lugo, Actos de Dios, 2019
Foto di Jéssica Villamil
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