L’attitudine
umana alla musica è un fenomeno affascinante e complesso che ha stimolato
l’interesse scientifico per decenni. Nel tentativo di analizzare le basi
neurobiologiche delle abilità musicali, molti ricercatori hanno focalizzato
l’attenzione sulle differenze individuali nella struttura e nella funzione di
specifiche aree cerebrali, come le aree uditive per l'analisi dei suoni. Questo
approccio, mirato a correlare variazioni in regioni cerebrali isolate con la
diversità delle competenze musicali nelle popolazioni umane, ha tuttavia
prodotto risultati insoddisfacenti e difficili da replicare.
Un recente
studio, frutto della collaborazione fra il Dipartimento di Neuroscienze umane
della Sapienza Università di Roma e il Dipartimento di Medicina clinica
dell’Università di Aarhus in Danimarca, pubblicato sulla rivista Nature Communications,
ha adottato un approccio innovativo. Anziché concentrarsi su singole aree
cerebrali, il team ha esaminato l’organizzazione della connettività tra queste
regioni, ossia come le diverse parti del cervello comunicano tra loro.
Analizzando
immagini cerebrali insieme a dati cognitivi e musicali provenienti da un ampio
campione di oltre 200 individui, i ricercatori hanno ricostruito le reti di
connettività cerebrale. Utilizzando la teoria dei grafi - un metodo matematico
che studia le proprietà delle reti – è stata scoperta una relazione
significativa tra le abilità musicali e l’organizzazione di una rete che
collega le regioni frontali e parietali del cervello, note per il loro ruolo
cruciale nella memoria di lavoro. Minime differenze nell’organizzazione del
nostro cervello potrebbero manifestarsi come variazioni nel comportamento
musicale. Queste differenze, amplificate attraverso la trasmissione culturale,
potrebbero contribuire alla diversità delle tradizioni musicali che osserviamo
nelle varie culture umane.
“Abbiamo
osservato – spiega Massimo Lumaca dell’Università di Aarhus – che la capacità
di una specifica regione frontale di comunicare efficacemente con altre aree
della rete cerebrale è significativamente associata sia alle prestazioni nella
memoria di lavoro sia alle competenze musicali. Questo suggerisce che i
meccanismi neurali alla base della musicalità non sono isolati al dominio
musicale, ma coinvolgono processi cognitivi generali utilizzati in vari
contesti”.
“Questo è un
primo passo verso un quadro multidisciplinare della musica umana –
commenta Andrea Ravignani della Sapienza - Ai secoli di ricerca delle
scienze umane in tema musica, si aggiungono i nostri risultati che offrono una
prospettiva complementare su cosa significhi biologicamente fare o percepire la
musica”.
La ricerca apre
nuove prospettive nello studio sulle fondamenta biologiche della musicalità
umana e sulla sua variabilità tra individui e culture. Inoltre questi risultati
potrebbero avere importanti applicazioni pratiche in ambiti quali l’educazione
musicale e la neuroterapia e guidare lo sviluppo di interventi mirati,
attraverso tecniche di stimolazione cerebrale per potenziare le competenze
musicali o migliorare le funzioni cognitive.
Photo: Fig. 2 Target networks for graph theory analysis,
Ref. "Frontoparietal network topology as a neural marker of musical perceptual
abilities" - Lumaca, M., Keller, P.E., Baggio, G., Pando-Naude, V., Bajada,
C.J., Martinez, M.A., Hansen, J.H., Ravignani, A., Joe, N., Vuust, P. and
Vulić, K. - Nature
Communications 2024.
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