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RIGOLETTO AL “CARLO FELICE” DI GENOVA

RIGOLETTO AL “CARLO FELICE” DI GENOVA

I COSTUMI DI REGINA SCHRECKER PER LA REGIA DI UN MITO DELLA LIRICA

Autore: Anonym/mercoledì 13 marzo 2013/Categorie: Attualità, Musica, Teatro, Italia

La regia di “Rigoletto” è di un grande interprete del passato dell’opera verdiana: Rolando Panerai. E la sua prima scelta è quella di sceneggiare il preludio, con una soluzione e un’immagine di grande efficacia: i cortigiani vestono – a forza – Rigoletto con il suo abito da buffone, quasi con violenza. Costringendolo ad indossare, con il vestito, anche il suo personaggio, di beffatore crudele, di schernitore prima ancora che di oggetto di scherno, e alla lunga di pietà profonda da parte del pubblico. L’allestimento, gratificato da un grande successo, e da un’altissima affluenza di pubblico del Carlo Felice di Genova ha anche un altro momento originale: il lungo (5 minuti!) cambio di scena a vista tra le due metà del primo atto. Una parentesi dello spettacolo in cui è il fascino della “macchina” teatrale con le metamorfosi e gli effetti di cui è capace, a diventare per un attimo protagonista. Lo spettacolo si avvale dei costumi, certamente pregevoli e interessanti, di Regina Schrecker, tra il rinascimentale e il moderno, realizzati anche con materiali insoliti per il palcoscenico (prevalgono – in definitiva - le pelli, finte e luccicanti oppure vere). Rigoletto, con la sua tenuta da buffone gialla e rossa, è l’unica macchia di colore vivo tra le tinte scure dei costumi della folla dei cortigiani, del Duca di Mantova stesso o delle dame. Gilda, invece, indossa un abito azzurro nel primo atto, tratto di sottile seduzione oltre che segno della felicità di una fanciulla visitata dall’amore, e uno bianco nel secondo, nel momento fatale, tragico in cui la ragazza viene sedotta. Lo spettacolo del Carlo Felice, con scene di Enrico Musenich su materiale già in dotazione al teatro genovese, è funzionale e nel complesso convincente, con qualche tratto un po’ antiquato soprattutto nelle parti dedicate al balletto. Più che persuasiva, invece, la parte musicale di questo “Rigoletto”– inevitabilmente l’elemento che davvero conta nell’allestimento di un’opera: sul podio dell’Orchestra del Carlo Felice, il direttore, Carlo Rizzari, cerca con chiarezza e con coerenza una sua linea nella personale lettura della partitura, e guida un cast assolutamente all’altezza: nella replica da noi seguita, il Duca di Mantova era il coreano Ji Myung Hoon, Gilda Gabriella Costa (una soprano dalla voce veramente stupenda, perfino celestiale in più d’un momento) Sparafucile Andrea Mastroni e Maddalena (troppo dichiaratamente provocante per look e costume) Annunziata Vestri. Rigoletto era Stefano Antonucci: nessun appunto da fargli per quanto riguarda le (ragguardevolissime) doti vocali, ma non resta, però, nella memoria dal punto di vista espressivo, nonostante l’impegno profuso anche dal punto di vista attoriale. Della lancinante, straziata, cruda sofferenza, del disperato martirio, del ruvido tormento che graffia mortalmente l’anima del gobbo (personaggio mirabilmente sospeso tra male e bene, tra colpa e sublime tenerezza di padre, sete di vendetta e commoventi dolcezza) non passa nel Rigoletto di Antonucci quanto dovrebbe.

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