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Valentino: Master of Couture

Valentino: Master of Couture

Londra celebra la carriera di Valentino, maestro dell'haute couture.

Autore: Anonym/sabato 12 gennaio 2013/Categorie: Attualità, Arte, Moda, Italia

A Parigi l’haute couture, a Londra l’emancipazione. Non sono esattamente queste le parole e i concetti con cui è stata presentata la mostra Valentino: Master of Couture che fino al 3 maggio sarà alla Somerset House. L’impressione di fondo, quella che resta con più tenacia dopo averla visitata, è però questa.
Tre sezioni che agli “addetti ai lavori” non dicono niente di nuovo sull’Universo Valentino e ai curiosi, in numero elevato per il sollievo della biglietteria, svelano qualche scintillio del mondo dorato in cui lo stilista si è rinchiuso da ormai moltissimi anni.
Valentino, il suo stesso nome dà il titolo alla prima sala: un rincorrersi di bigliettini e lettere manoscritte di artisti attori attrici nobili e giornalisti – manca solo il pensiero allegato dei portalettere e delle portinaie – piene di complimenti e ammirazione per i suoi abiti, i suoi show, le sue feste. Poi foto e foto, con lui e senza lui; tanto importanti da essere in bacheca, intoccabili, su pagine strappate (strappate!) malamente dalle riviste patinate degli anni passati, e molto passati. Battesimo necessario e propedeutico per addentrarsi nel corridoio principale.
Qui Patrick Kinmonth, Antonio Monfreda e Alistair O'Neill, che hanno allestito la mostra, si sono superati. The Catwalk, cuore dell’esposizione, è una passerella dove a sfilare sono i visitatori. I posti a sedere di prima fila con l’indicazione delle signore cui ciascuno è riservato – dalle scomparse dive del cinema alla nobiltà d’Europa, un trionfo dell’italiano nazional popolare gusto per il nome, meglio se importante, in bella mostra – si frammezzano ad abiti di alterno carattere e indiscussa “mastership in couture” (per declinare il titolo). Tutte le meraviglie sartoriali di cui la maison è stata ed è capace sono esposte, tutte senza esclusione: indossati da improbabili manichini colorati nelle sfumature del menta, mostarda, fumo, terracotta, viola di parma, crema e ghiaccio (a ciascun colore corrisponde una diversa decade, tante sono quelle in cui Valentino ha espresso la sua creatività), gli abiti sono tanto vicini all’occhio e alla mano, quando proiettati in uno spazio atemporale. Chi avrebbe mai il coraggio di allungare un dito sulle preziosissime pieghe voltate di una gonna, sulle incrostazioni di un bustino, su un orlo piumato? Anche questa è abilità: saper trasferire a un abito un carattere; e qui ci sono pezzi mai usciti dalla maison, pezzi unici realizzati su richiesta, strascichi che hanno toccato i tappeti rossi di Hollywood e gonne che si sono posate su chissà quali sedute ai ricevimenti privati di mezzo mondo. Gli anni ’80, che certo non hanno lasciato molto spazio all’alta moda, sono paradossalmente quelli meglio rappresentati. Valentino anni ’80 è una scoperta: lustrini, paillettes, fantasie dall’animalier al revival rococò (c’è un abito la cui gonna è, letteralmente, istoriata con scenette campestri in stile XVIII secolo); niente punk, peccato.

L’abito nuziale della principessa Marie-Chantal di Grecia, un capolavoro della sartoria, realizzato con dieci diversi tipi di pizzo su seta avorio con incrostazioni e perle, introduce all’ultima sala, le petits mains. I segreti della maison, gli artifici sartoriali, la perizia e la pazienza che generano ogni singolo abito marchiato Valentino sono spiegati in diverse sezioni video. Una sottolineatura questa, prima di salutare i visitatori, utile per capire più a fondo cosa significa fare “haute couture”. Un atto doveroso, e qui invece c’è l’emancipazione del signor Garavani dal suo marchio di fabbrica, sarebbe stata una nicchia per gli abiti rossi: nemmeno uno!

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