Il Museo Fiorentino di Preistoria
“Paolo Graziosi” ospita, fino al 30 maggio, la mostra “Rose Inquiete” curata da Beth Vermeer, che raccoglie, tra le preziose collezioni che vanno dal Paleolitico all’Età dei Metalli, le creazioni artistiche di Laura Fonsa, Elena Mantovani, Laura Peres, Irene Puglisi. Il progetto ideato da Beth Vermeer, è stato realizzato da Design for Everyday Life, in collaborazione con il Museo fiorentino di Preistoria “Paolo Graziosi”, con l’Orto Botanico di Firenze e con il Museo di Storia Naturale. Dalla simbologia della rosa nasce una narrazione che segue un percorso che si articola tra quattro stanze, tra le vetrine dei reperti che dialogano idealmente con l’arte attraverso gli oggetti rappresentati, le tecniche applicate e i contenuti dai richiami universali.
Dopo l’esposizione “Il cielo negato” realizzata in collaborazione con la Fondazione Scienza e Tecnica e l’I.N.A.F. Osservatorio Astrofisica di Arcetri, Beth Vermeer, ideatrice anche della mostra “Donne Inquiete” a Trieste, mantiene fede alle tematiche strettamente femminili. “Partendo dal linguaggio ancestrale della madre, delle dee della terra e delle dee del cielo che si ricollega anche con il luogo espositivo, le artiste – spiega la curatrice dell’esposizione - rivendicano la loro posizione nell’arte contemporanea con un’analisi critica del presente. Il linguaggio storico viene contaminato da codici interculturali contemporanei, socio-politici, letterari e cosmologici che stimolano la riflessione e conducono l’attenzione a problematiche sociali quali la violenza, il razzismo, la mutilazione e la discriminazione di cui sono oggetto le donne nel mondo.
Si tratta di “quattro lavori individuali che possono essere considerati – prosegue la Vermeer - un unico manifesto programmatico per la rivincita dell’ingegno artistico, della cultura umanistica, della civiltà a favore di un mondo migliore. Questo in un‘epoca, in cui qualsiasi azione per generare pace tra le persone, le comunità, i Paesi, è sottomesso all’opportunistica inflazione dei valori etici”.
Il percorso espositivo inizia con Elena Mantovani nello spazio del Paleolitico Inferiore. “L’Usignolo e la Rosa” è la sua rivisitazione poetica della novella di Oscar Wilde, trasformata in un libro d’artista monumentale. Due leggii, posizionati uno di fronte all’altro, sorreggono dei grandi fogli apribili a finestra con incisioni e acquerelli, permettendo cosi al pubblico di osservare tra le pagine. “Conforme alla struttura narrativa di Oscar Wilde, la versione incisa della Mantovani insiste sulla grande attualità della trama, andando oltre la critica di Wilde all’epoca vittoriana e proponendo un’etica più sostenibile dei principali valori umani, nella prospettiva di una parità di genere realizzata su tutti i livelli. La somma della storia è una lezione per la vita: la rosa sacrifica la sua bellezza al costo della massima sofferenza, l’usignolo offre la sua vita con un gesto generoso e il protagonista, addolorato, guarisce da un amore sbagliato”.
Nello spazio adiacente alla sezione dedicata al Paleolitico Superiore, Laura Fonsa presenta “Ferite”, un allestimento di due grandi tavole realizzate con tecniche dirette a puntasecca. I lavori su carta giapponese pendono dall’alto e la loro leggerezza è in evidente contrapposizione al peso della loro denuncia. I piani di carta sono popolati da un esercito di rose in guerra, donne superstiti di violenze fisiche e psicologiche, combattenti da sempre per i loro diritti, per il loro riconoscimento professionale, per la loro parità che continua ad essere compromessa. All’interno delle vetrine, una serie di tavole ripercorre i quattro stadi dall’incisione su rame fino ad arrivare alla stampa finale.
La terza stanza ospita un’istallazione dinamica interattiva con i visitatori, “Rosa cosmica” di Laura Peres, un lavoro in sintonia con il Talk dell’astronomo Ruggero Stanga sulle forme floreali nel cielo. “La proiezione – spiega Beth Vermeer - avviene grazie ad un volume cilindrico in legno e produce delle immagini visibili sul tetto di un baldacchino sorretto da canne di bambù. Tre lastre trasparenti incise e movibili si susseguono in parallelo l'una sull'altra su una struttura che riproduce la famosa ‘lanterna magica’, ‘antenata’ dei primi effetti cinematografici. Il pubblico ha la possibilità di scegliere la sua personale rosa cosmica, la prima nebulosa mossa da una magia quasi tangibile, grazie ad una proiezione, a distanza, di uno scorcio di cosmo del valore di una rosa”.
Irene Puglisi colloca la sua istallazione ‘Sebilel-Uard’ nell’ambiente della Preistoria africana e asiatica. “La sua ricerca parte dalla rosa nella tradizione dei Sufi, in Medio Oriente, che si diffonde a partire dal XII secolo e dalla via della rosa, Sebilel-Uard, la rosa mistica che mira alla perfezione dell’anima. Nella tradizione dei Mevlevi, dei dervisci rotanti, le donne avevano il diritto di assistere all’assemblea degli uomini non velate e si davano ad una danza vorticosa gettando delle rose. L’artista ridisegna l’idea di questa danza liberatoria tramite un oggetto di plexiglass, composto di dischi rotanti con incisioni colorate e sorretto da canne di bambù. L’istallazione è completata da una serie di piccole tavole con incisioni esposte all’interno delle vetrine”.
Il percorso espositivo è accompagnato da un
soundscape di Fabio Anile, progettato per queste opere. In occasione del vernissage sono intervenuti la poetessa Marisa Tumicelli, il contralto Patrizia Battaglia, il pianista Sante Carnevali, l’astronomo Ruggero Stanga.
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