Un’ampia
necropoli databile al V-IV secolo a. C. è stata scoperta dai Carabinieri del
Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Napoli, che, nel corso di mirati servizi
di monitoraggio del territorio, sono intervenuti su un’area di cantiere a
Padula, nelle vicinanze della Certosa di San Lorenzo, dove erano affiorati
manufatti archeologici. La necropoli è caratterizzata da un complesso di tombe
a cappuccina, a fossa e a incinerazione, molte delle quali ancora integre, con
all’interno ricchi corredi funerari, tra cui vasellame di pregio policromo,
parte del quale probabilmente decorato del famoso ceramografo greco Assteas,
attivo a Paestum intorno al 350-330 a.C.. Su tutta l’area, immediatamente posta
sotto sequestro, a seguito di un primo intervento scientifico sono stati
recuperati circa 200 reperti di elevata rilevanza storico-archeologica, del
valore di oltre un milione di euro. Tra i beni rinvenuti si trovano crateri,
lekythos, lebete e pelike a figure rosse, piatti e skiphos a vernice nera,
stamnos, unguentari, ollette, guttus, lucerne, armi, elementi in piombo
costituenti 2 spiedi completi di tripode (utilizzati per il rito funebre),
fibule, un cinturone in bronzo da guerriero, monete, tutti oggetti facenti
parte dei corredi funerari delle antiche sepolture. Nel corso dello scavo
scientifico di una delle tombe è stata inoltre recuperata una preziosa tegola in terracotta con una particolare
incisione raffigurante un uomo a cavallo, definita dagli archeologhi un
“unicum” tra i reperti archeologici rinvenuti nella zona del Vallo di
Diano, che pertanto sarà presto oggetto di mirate e approfondite analisi.

Crediti foto: Comando Carabinieri TPC.
Nella zona in
questione non erano mai state segnalate evidenze archeologiche, per cui sul
sito non risultano vincoli culturali. Tuttavia, nel corso delle attività edili
sono affiorati frammenti archeologici appartenenti ad antiche sepolture su gran
parte dell’area di cantiere, lasciando scorgere in sezione, all’interno dello
scavo, la presenza di numerose tombe cosiddette “alla cappuccina”, parzialmente
distrutte dall’attività dei mezzi meccanici.
L’area
interessata è stata, dunque, sottoposta a sequestro preventivo su disposizione
della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lagonegro, al fine di
impedire l’ulteriore distruzione delle evidenze archeologiche e di consentire
alla Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino lo studio e l’esame delle
sepolture danneggiate e parzialmente visibili.

Crediti foto: Comando Carabinieri TPC.
Nella
circostanza sono state denunciate all’autorità giudiziaria lagonegrese quattro
persone, rispettivamente proprietario del fondo e committente dei lavori, amministratori
dell’impresa esecutrice delle opere e direttore dei lavori, per i reati di
concorso nel danneggiamento e distruzione di manufatti archeologici, nonché
omessa denuncia alle competenti autorità di tutela.
Come disposto
dall’Autorità Giudiziaria di Lagonegro, la Soprintendenza di Salerno ha intrapreso le previste
attività di verifica e scavo stratigrafico sull’area in sequestro, rilevando la
presenza di circa 20 antiche sepolture, tra quelle parzialmente distrutte e
visibili in sezione, ed altre emerse nel corso delle attività.
Il materiale
recuperato nonché l’intera area ancora in sequestro saranno sicuramente oggetto
di ulteriori indagini scientifiche da parte della competente Soprintendenza, in
collaborazione con la Procura di Lagonegro e il Nucleo TPC di Napoli, al fine
di verificare l’esatta consistenza dei danni arrecati al sito e di accertare
l’esatta estensione della necropoli scoperta, attualmente sottoposta ad attenta
attività di controllo e vigilanza da parte dell’Arma territoriale di Salerno e
Sala Consilina.
Crediti foto in primo piano: Comando Carabinieri TPC.
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