Bilancio in
negativo per il nostro Pianeta secondo il WWF che ripercorre e analizza i fatti
e gli eventi salienti del 2024, alla luce delle principali buone e cattive
notizie su natura e sostenibilità che hanno marcato l’anno che sta per
chiudersi. Il 2024 con ogni probabilità sarà ancora una volta il più caldo mai
registrato al livello globale, secondo le proiezioni del servizio climatico
europeo, con una temperatura media globale che potrebbe superare di oltre 1,5°C
i livelli preindustriali rendendo il 2024 primo anno solare a superare questa
soglia simbolica.
La morsa della
crisi climatica si è manifestata in ogni angolo della Terra con una moltitudine
di eventi estremi, dalla siccità a gravi inondazioni in tutto il mondo.
Inondazioni particolarmente devastanti si sono verificate in Afghanistan,
Pakistan, Brasile, Uruguay e in molte località europee, come le alluvioni
mortali che hanno colpito la Spagna alla fine di ottobre e in Italia
l’Emilia-Romagna.

Fiume Po piena. Crediti foto: Archivio WWF.
Circa 2.000 gli eventi estremi calcolati dall'inizio
dell'anno a fine settembre 2024. Nonostante questo scenario, la necessità di
avviare Piani locali strategici di adattamento ai Cambiamenti climatici, il
PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) rimane fermo e
le istituzioni nazionali e regionali non sembrano intenzionate a fare nulla in proposito.
A peggiorare la
situazione, la perdita di foresta tropicale, cuore pulsante degli equilibri
climatici del pianeta: in Amazzonia si è verificato il numero più alto di
incendi mai registrati dal 2007, soprattutto in Bolivia. A questo record si
sono aggiunti i dati del Living Planet Report rilasciato dal WWF ad ottobre che
ha evidenziato come in 50 anni si sia assistito ad una riduzione media
complessiva delle popolazioni di vertebrati in tutto il mondo pari al 73%, a
conferma che la perdita di biodiversità non accenna a rallentare. Eppure, si
tratta della nostra ‘assicurazione sulla vita’, sottolinea il WWF, quella che
ci permette di prosperare grazie alle risorse disponibili e gratuite come cibo,
acqua, suolo fertile, aria pulita.

Crediti foto: © Luis Barreto - WWF UK.
Quindi c’è da
chiedersi cosa si sia fatto al livello globale per risolvere queste due grandi
crisi. Sul piano delle decisioni istituzionali, purtroppo sono state poche
quelle positive per il Pianeta. I principali vertici internazionali, in cui
l’umanità ripone le principali speranze rispetto alle tante e possibili
soluzioni globali, hanno fallito di nuovo soprattutto sul fronte degli
investimenti, visto che gli strumenti da attuare sono ormai ben noti.
La COP 29 di
Baku sul clima si è chiusa con un risultato deludente visto l’aumento molto
modesto degli stanziamenti a favore dei Paesi in via di sviluppo per consentire
loro di affrontare transizione e adattamento. Anche la COP 16 sulla
biodiversità tenutasi in Colombia ad ottobre ha tradito le attese: i Paesi non
hanno trovato un accordo per mettere a disposizione le risorse economiche
necessarie a conseguire gli obiettivi di tutela della biodiversità. Vedremo se
riusciranno a farlo nel secondo tentativo previsto a febbraio a Roma. Persino
su un tema in cui sembrava di aver visto un’accelerazione positiva al livello
globale, il contrasto alla dispersione di plastica in natura che rappresenta
una minaccia anche per la salute umana, ha visto chiudere il Trattato Globale
senza un accordo: il quinto round di negoziazioni che avrebbe finalmente messo
la parola fine all'inquinamento da plastica, ha rinviato tutto al 2025. Nel
frattempo, è stata avviata una procedura di infrazione contro l’Italia per
recepimento incompleto e in alcuni passaggi non corretto della Direttiva sulla
plastica monouso (Direttiva SUP).
A novembre
scorso la Commissione europea ha approvato lo slittamento di un anno
dell’applicazione dell'EUDR (il Regolamento Ue sulla deforestazione), come
richiesto dal PPE, per ridurre l'impatto sulle foreste dei prodotti che
provengono e/o sono prodotti al di fuori dell'Unione europea. Una cattiva
notizia a cui però se ne somma una positiva: sono stati annullati gli
emendamenti proposti che avrebbero ulteriormente peggiorato e indebolito
l’EUDR. Sempre al livello europeo però il Green Deal sta perdendo slancio: già
ad inizio anno, le numerose manifestazioni degli agricoltori in tutta Europa,
hanno portato alla cancellazione di molti degli impegni per la tutela
dell’ambiente e della biodiversità nella PAC 2023-2027.
In Italia le
istituzioni hanno contribuito ad affondare ulteriormente la tutela della natura,
ad esempio con il proponimento da parte del Ministero dell’Agricoltura della
Sovranità Alimentare e delle Foreste di un Decreto che penalizza ulteriormente
l’agricoltura biologica. Nell’ambito della biodiversità la UE per la prima
volta deve fare i conti anche con l'estinzione di una specie ornitica sul
proprio territorio, una volta abbondante anche in Italia: i ricercatori hanno
certificato l'estinzione del chiurlottello, un uccello di cui si erano perse le
tracce a metà degli anni '90. La specie ha sofferto della bonifica delle zone
umide e di un massiccio prelievo venatorio, una perdita che deve suonare come
campanello d’allarme di quello che può succedere in futuro.

Lupo. Crediti foto: © G.Mancori.
Per questo è
stridente la retromarcia europea sul fronte della difesa della biodiversità con
il recente declassamento del lupo da specie particolarmente protetta a
‘semplice’ specie protetta, un grave ‘scivolone’ antiscientifico che non
contribuisce alla riduzione dei conflitti e che rischia di incrementare il
bracconaggio. Se l’iter si completerà, il nuovo status non risolverà neppure i
problemi degli allevatori, beneficiari solo ‘virtuali’ di questa modifica.
Anche il recente abbattimento dell’orso in Trentino (M91) sottolinea un
pericolo per i grandi carnivori nel nostro Paese, un altro segno di quanta
strada ci sia ancora da fare sulla convivenza tra le nostre attività e la
presenza di questi animali in natura. Anche per tali motivi sarebbe importante
adottare in Italia il piano attuativo della Strategia Nazionale per la
Biodiversità, strumento fondamentale per attuare concretamente la strategia.
Ultimo atto ai danni della natura, l’emendamento inserito ‘a sorpresa’ nella
Legge di Bilancio che indebolisce la Legge che regola la caccia: un regalo di
Natale al mondo venatorio. In questo quadro desta preoccupazione la scelta di
parcellizzazione dell’azione dello Stato attraverso l’autonomia differenziata
della riforma Calderoli: una scelta pericolosa contro la quale è stato proposto
un referendum popolare, di cui il WWF Italia è stato tra i promotori, e che è
stata già fortemente ridimensionata dalla Corte costituzionale.
Il bilancio in
chiaro-scuro dei segnali del pianeta mostra comunque alcune buone notizie,
molte riguardano nuove scoperte, un segnale di quanto la nostra Terra abbia
ancora tanto da svelarci: nel 2024 è stata scoperta la colonia di coralli più
grande al mondo nelle isole Salomone nell’Oceano Pacifico, antica almeno 300
anni e ampia tanto da essere visibile persino dallo spazio. Nel bacino del
Congo in Africa sono state scoperte 742 nuove specie animali e vegetali, 234
nella regione del Mekong in Asia. In Europa buone notizie per una specie fino a
poco tempo fa rarissima, la lince iberica, uscita dall’area di rischio grazie
all’aumento degli esemplari in natura, frutto di 20 anni di progetti ambiziosi
di conservazione di cui il WWF Spagna è stato tra i principali promotori. In
Italia una forte mobilitazione promossa dai volontari WWF e dagli avvocati del
Panda ha permesso di fermare per il momento la caccia al cervo proposta dalla
Regione Abruzzo; volontari e ricercatori hanno poi registrato lungo le nostre
coste un numero record di nidificazioni della tartaruga marina Caretta Caretta,
il 30% in più rispetto allo scorso anno.
E sempre il WWF
è stato protagonista di un’azione legale di successo avviata in Norvegia che
riguarda lo sfruttamento dei fondali: il Governo ha bloccato il deep-sea mining
nell’Artico per il 2025 anche a seguito dell’opposizione di numerose ONG,
scienziati e cittadini.
Certamente la
migliore notizia sul piano istituzionale internazionale per la natura
quest’anno è stata l’adozione del Regolamento Comunitario sul Ripristino della
Natura - Nature Restoration Law - che obbliga gli Stati membri a mettere in
atto entro il 2030 interventi di restauro degli habitat degradati. Una grande
occasione ma che, priva di finanziamenti adeguati, rischia di rimanere una
bella cornice vuota.
Sul clima,
sebbene le istituzioni si siano distinte da una costante inazione, la
transizione sta comunque avvenendo: secondo il Rapporto 2024 dell'Agenzia
Internazionale dell'Energia, la massiccia crescita globale delle rinnovabili al
2030 è destinata a eguagliare l'intera capacità energetica delle principali
economie, avvicinando il mondo a triplicare la capacità esistente. Le
rinnovabili potranno soddisfare almeno la metà della domanda globale di
elettricità entro la fine del decennio in Italia, in Europa e in altri Paesi
potrebbero arrivare molto oltre. Esempi virtuosi ci sono già in Albania,
Bhutan, Etiopia, Islanda, Nepal, Paraguay e Repubblica Democratica del Congo
che quest’anno hanno generato oltre il 99,7% del loro fabbisogno di energia
elettrica da fonti rinnovabili.
In Italia nel
2025 chiuderanno tutte le centrali a carbone della penisola. Tuttavia, due
centrali a carbone in Sardegna rimarranno aperte forse sino al 2028, ovvero
almeno fino al completamento del cavo che collega l'isola alla Sicilia
(Tyrrhenian Link).
Sempre in tema
clima, importante ricordare la storica sentenza di inizio 2024 della Corte Europea
dei Diritti dell'Uomo (CEDU) che ha dato ragione ad un'associazione di 2.500
donne svizzere, secondo cui l'inazione del governo svizzero nell'affrontare i
cambiamenti climatici ha violato i loro diritti umani fondamentali. La sentenza
potrebbe aprire la strada ad altre sfide contro l'inazione dei governi in
materia di cambiamento climatico.
Nel 2024 si è
discusso molto di alimentazione e di come e quanto questa influisca sulla
nostra salute e la natura ed è risultata evidente la contraddizione tra le
istituzioni italiane e quelle europee. Il nostro governo ha combattuto
strenuamente la carne colturale vietandone produzione e vendita sul nostro
territorio, una legge che la stessa Commissione europea ha poi bloccato
definendola “inapplicabile”. In maniera analoga la Corte di Giustizia Europea
(CGUE) ha impedito agli Stati membri di vietare l’utilizzo di termini
associabili ai prodotti animali convenzionali (es. salsiccia, polpetta) per le
alternative plant-based. Il divieto di “meat
sounding" promosso dal Governo italiano, anche in questo caso, non è applicabile.
Ma sono stati gli stessi italiani ad aver manifestato un allineamento maggiore
con gli indirizzi europei di sostenibilità alimentare. Il 2024 ha visto numeri
record di vegetariani e vegani, questi ultimi in Italia risultano addirittura
quattro volte rispetto a dieci anni fa. Ciò in parte spiega l’inarrestabile
crescita, nonostante le decisioni istituzionali, del biologico in Italia: ad
oggi la superficie biologica è di circa un quinto di quella complessiva
(19,8%). È diminuita la vendita e l’uso dei pesticidi, anche se restiamo ancora
tra i primi in Europa per vendita di prodotti fitosanitari. Rispetto agli stili
alimentari esiste ancora una larga fascia di popolazione che si alimenta in
maniera non sana: con sei milioni di obesi l'Italia si colloca ai primi posti
in Europa per la prevalenza di sovrappeso e obesità anche tra i bambini, di
pari passo con le statistiche che dimostrano che nel 2024 solo il 5% degli
italiani segue la dieta mediterranea in modo completo. Alla faccia delle teorie
sul made in Italy.
Crediti foto in primo piano: © Adriano Gambarini - WWF-Brazil.
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