L’industria
dell’agroalimentare che rappresenta ben un terzo (il 27%) del fatturato delle
imprese italiane ed è uno dei sistemi cardine dell’economia del nostro Paese
nel 2024 ha subito i gravi effetti del cambiamento
climatico. Come ogni anno il WWF, nell’ambito della campagna Our Future,
pubblica un resoconto di valutazione sugli effetti che nel corso dell’anno
eventi meteorologici estremi, piogge torrenziali, gelate tardive, siccità
prolungate e ondate di calore, hanno provocato sulle nostre colture e di
conseguenza sulla nostra economia. Stagioni sempre più imprevedibili ed eventi
meteorologici estremi sempre più frequenti, queste sono le caratteristiche che
il clima Mediterraneo sta acquisendo in questi anni, andando a incidere su un
Paese che per via delle sue caratteristiche orografiche ne risentirà prima e
più di altri. Il 2024, attesta il WWF, sarà probabilmente il primo anno in cui
supereremo la soglia di +1,5 °C di temperatura globale. Il rischio è quello di
entrare in un clima sconosciuto pericoloso per le persone. L’aumento delle temperature
determina l’incremento e l’aggravarsi degli eventi estremi. In Italia, ad oggi,
sono stati più di 7 ogni giorno secondo l’Osservatorio ANBI sulle Risorse
Idriche ed in soli dieci anni il numero di queste manifestazioni atmosferiche
violente è più che quintuplicato. Gli impatti sulla nostra agricoltura sono
evidenti: da un lato la siccità che ha colpito le regioni del Centro-Sud in
modo pesante ha compromesso molti raccolti, dall’altro, al Nord il maltempo e
gli eventi piovosi estremi hanno causato allagamenti e perdita di raccolti per
le motivazioni opposte.
Nelle regioni
del Sud, i dati del CNR-IBE evidenziano una situazione di “siccità
severo-estrema” sul 29% della superficie agricola di 5 regioni (Puglia,
Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), con picchi del 69% della superficie
agricola colpita in Sicilia e del 47% in Calabria. Ad aggravare il quadro ha
contribuito un’estate molto più calda della media. Tra giugno e agosto, al Sud
la temperatura è stata 1,95°C più alta della media degli ultimi 30 anni.
Temperature anomale anche al suolo: nei 3 mesi estivi la media nazionale ha
segnato +2,1°C con punte di 4,1°C in Calabria e 3,8°C in Puglia. La siccità ha
comportato uno scarso livello di riempimento degli invasi che danno acqua alle
campagne: in Puglia, a fine agosto, la percentuale di riempimento degli invasi
era solo del 9%, in Basilicata e Sicilia di circa il 20% (l'anno precedente era
il 39%). Sicuramente pesa su questo bilancio anche la cattiva gestione della
risorsa idrica, con perdite ingenti lungo la rete di distribuzione e una
scarsissima diffusione dei sistemi di riciclo delle acque grigie in ambito
urbano per i numerosi usi non potabili.
Tra gli impatti
della siccità al Sud, dove si concentrano importanti coltivazioni del Paese, si
ha il calo della produzione agricola. Il grano duro, per esempio, ha mostrato
un calo della produzione di quasi l’8% rispetto alla campagna precedente.
Peraltro, a seconda del periodo in cui gli eventi siccitosi si concentrano,
sono diverse le coltivazioni danneggiate. Ad esempio, in Sicilia la siccità
primaverile ha portato danni a varie colture da seme: al 60% della produzione
di legumi, al 70% dei cereali e all’80% delle foraggere, con punte del 100%. In
Basilicata, la campagna di raccolta del kiwi ha patito il clima siccitoso nella
fase di ingrossamento dei frutti, che ha portato a una riduzione della
pezzatura media ma soprattutto a raccolti del 30% più bassi rispetto allo
scorso anno.
Le pere sono
diventate l’emblema della crisi produttiva che negli ultimi anni sta
interessando gli alberi da frutto del nostro Paese. Alte temperature e siccità
agiscono producendo uno stress termico e idrico che indebolisce le piante di
pero e le espone all’azione dei patogeni. Negli ultimi anni, queste avversità
climatiche hanno compromesso la produttività del pero con una variazione del
-75% ed una perdita totale quantificabile in 340 milioni di euro. La Puglia è
la maggiore produttrice di ciliegie in Italia: il caldo anomalo della primavera
ha più che dimezzato la produzione delle pregiate ciliegie Ferrovia con una
riduzione di oltre il 50% rispetto allo scorso anno.
Le lunghe
ondate di calore e siccità in regioni come Sicilia, Calabria e Puglia hanno
compromesso anche la campagna olearia 2024 - non ancora conclusa - che stima un
drastico calo del 23% della produzione di olio d’oliva rispetto alla campagna
precedente. Particolarmente in difficoltà la Puglia, da cui proviene metà della
produzione nazionale, e la Sicilia in cui la produzione olivicola registra cali
del 50-60% rispetto al 2023.
L'impatto dei
cambiamenti climatici sta gravando anche sulla produzione vinicola che,
nonostante mostri un segnale di ripresa del +7% per la vendemmia 2024 rispetto
al 2023, soprattutto al Sud vede raccolti che rimangono al di sotto della media
degli ultimi anni. Di conseguenza, la geografia della produzione vinicola sta
cambiando: non è un caso che negli ultimi anni la viticoltura si stia spostando
sempre più in altitudine, con vigneti piantati, nel nostro Paese, a 700, 800,
900 e 1.000 metri.
Se per il caldo
e la siccità le rese della frutta tradizionale sono in discesa, crescono quella
della frutta tropicale: coltivazioni di banane, avocado, mango nel giro di
cinque anni sono praticamente triplicate arrivando a sfiorare i 1.200 ettari
fra Puglia, Sicilia e Calabria. In Sicilia e Puglia, il clima sempre più caldo
ha determinato anche il ritorno del cotone in Italia.
Fiume Po piena. Crediti foto: Archivio WWF.
Al Nord,
l’eccesso di precipitazioni è stato causa di perdita di rese agricole, rendendo
i campi inaccessibili ai trattori per le lavorazioni, ritardando le semine, e
il clima piovoso impedisce la raccolta del primo taglio di fieno, con
ripercussioni sul settore zootecnico. Localmente gli allagamenti possono
danneggiare o far morire colture come il mais, benché una stima puntuale di
questo tipo di danno sia difficile a causa della variabilità locale delle
condizioni del suolo che generano asfissia radicale. In parte per i ritardi
sulle semine, in parte per le condizioni avverse, le stime di produzione per il
mais indicano un calo produttivo complessivo fra il 30% e il 35%.
Adda, Maccastorna. Crediti foto: Archivio WWF.
Sempre al Nord,
piogge e maltempo durante la primavera 2024 hanno compromesso irreparabilmente
il raccolto dei mieli primaverili, tra cui quello pregiato di acacia, il
raccolto primaverile più importante. Anche le principali produzioni di mieli
monoflorali al Sud, come quello di agrumi e di sulla, hanno avuto un crollo
produttivo molto pesante a causa della siccità. L'apicoltura italiana rimane
quindi in una situazione di crisi grave, con il rischio di chiusura di molte
aziende professionali. Altro aspetto da considerare è anche l’effetto che
l’innalzamento delle temperature provoca direttamente sulle api, influendo
negativamente sullo stato di salute e sulla longevità delle api e sulla
presenza di predatori, come la Vespa velutina, specie esotica invasiva, e di
parassiti.
Un’altra grave
minaccia arriva dagli inverni miti: con le temperature basse, piante perenni
come gli alberi, non riescono a fare il necessario “reset” dei cicli di
crescita annuale (crescita delle radici, poi dei germogli e fruttificazione).
Se gli inverni somigliano sempre più ad autunni non arriva alle piante il
segnale atteso e il nuovo ciclo vegetativo ha più difficoltà a ripartire nel
momento opportuno.
Toscana. Crediti foto: WWF Italia.
Il caldo
estremo non ha risparmiato effetti negativi anche sul settore della pesca e
dell’acquacoltura. Il WWF ricorda che il problema del riscaldamento del mare
non è solo un problema di stress termico: il livello di ossigeno disciolto
nell’acqua è inversamente proporzionale alla temperatura, questo vuol dire che
più l’acqua è calda, meno ossigeno contiene. Se alcune specie riescono a
tollerare bene anche condizioni di scarso ossigeno, molte specie di pesci e
alcuni bivalvi, superate certe temperature, iniziano a morire in massa. La
moria di organismi determina l’avvio di processi di decomposizione che
contribuiscono ulteriormente ad abbassare l’ossigeno disciolto, in un circolo
vizioso che può diventare pericoloso anche per la salute umana. Durante
l’estate, nella laguna di Orbetello, ad esempio, si sono registrate morie di
orate e anguille. Il caldo non ha risparmiato nemmeno la produzione di cozze,
in Puglia, con perdite fino all’80%; anche la produzione di vongole nel Delta
del Po, già provata dall’espansione del granchio blu, ha subito perdite proprio
nel momento in cui tentava di risollevarsi. A ciò si è aggiunta nel corso
dell’estate la diffusione di mucillagini che rende inutilizzabili le reti da
pesca e causa difficoltà di sopravvivenza agli organismi marini, inclusi i
pesci.
A fronte di
fenomeni climatici estremi sempre più frequenti, la produzione agricola e
ittica rischia di non riuscire a garantire sufficiente redditività agli
imprenditori e di conseguenza inizia ad essere a rischio la sicurezza
alimentare; l’aumento dei prezzi delle materie agricole può rendere meno
accessibile per le fasce di popolazione più povera una dieta sana. Il danno
ambientale dovuto al cambiamento climatico in atto pertanto determina
ripercussioni gravi ed evidenti sia sul sistema economico, sia su quello
sociale, a riprova del fatto che la sostenibilità è sempre un concetto che
abbraccia le tre sfere di influenza, ambientale, economica e sociale.
Il cambiamento
climatico in atto dovrebbe spingere a riconsiderare attentamente le modalità
produttive di tutto il sistema agricolo, dando priorità metodi “nature
positive” e operando scelte anche innovative che vadano a risparmiare l’uso
delle risorse: serve ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura e adottare
misure per incoraggiare l'utilizzo di tecniche agro-ecologiche, che migliorino
la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità; è necessario eliminare pesticidi e
fertilizzanti di sintesi, utilizzando tecniche meno intensive e filiere corte;
è necessario azzerare l’uso di fonti fossili, abbandonando al più presto lo
sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed
efficienza energetica; serve incoraggiare l’adozione di diete a base
principalmente vegetale in modo da ridurre il consumo di carne e gli
allevamenti intensivi, e quindi anche le aree destinare alla produzione di
materie prime per i mangimi. La biodiversità di piante, animali e microrganismi
è la chiave per favorire la stabilità e l’equilibrio necessari per creare
agroecosistemi resilienti di fronte alla crisi climatica.
foto in primo piano: Marmolada. Crediti: ©shutterstock - WWF.
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